La Merkel e le elezioni anticipate

di FABIO PONTIGGIA - Governo di minoranza, elezioni anticipate o riedizione della grande coalizione: sono queste le tre possibili vie d'uscita per la Germania di Angela Merkel. La cancelliera ha fallito nel suo primo tentativo di comporre una maggioranza stabile nelle otto settimane che sono seguite alle elezioni federali del 24 settembre. L'accordo sembrava a portata di mano, ma il Partito liberaldemocratico di Christian Lindner ha rotto la trattativa per le insanabili divergenze, soprattutto con i Verdi, sui migranti. A meno di un ripensamento dei socialdemocratici, che finora hanno categoricamente escluso una nuova legislazione di grande coalizione con la CDU/CSU, Angela Merkel sembra indirizzarsi verso nuove elezioni, preferendole ad un Governo in minoranza, che produrrebbe per la prima volta in Germania una situzaione di perdurante incertezza politica. Le elezioni anticipate non sarebbero invece una novità. Pur in contesti totalmente diversi, ce ne sono già state due nella Germania del dopoguerra. Entrambe per la scelta dei liberali di rompere un'alleanza di governo. Le prime si svolsero nell'allora Germania Ovest nel 1972, quando la maggioranza dei deputati della FDP disse stop alla SPD del cancelliere Willy Brandt dopo che quest'ultimo aveva riconosciuto ufficialmente la Germania comunista. Fu un clamoroso autogoal, perché Willy Brandt venne poi plebiscitato. Le seconde elezioni anticipate si svolsero nel 1983, dopo che nel settembre dell'anno precedente la FDP ritirò i suoi ministri dall'Esecutivo di coalizione con la SPD. Quest'ultima formò un Governo di minoranza, sempre guidato da Helmut Schmidt, che cadde per il voto di sfiducia costruttiva che in ottobre portò Helmut Kohl alla Cancelleria. Sei mesi dopo, appunto nelle elezioni anticipate, Kohl venne plebiscitato I due precedenti, pur nella diversità – come detto – dei contesti, dicono che le elezioni anticipate sono favorevoli al cancelliere in carica. In base ai sondaggi, se si votasse oggi, dalle urne germaniche uscirebbero però risultati non molto diversi da quelli di settembre. Che sono questi: CDU/CSU 32,9% e 246 seggi su 709; SPD 20,5% e 153 seggi; Alternativa per la Germania (AfD) 12,6% e 94 seggi; Partito liberaldemocratico 10,7% e 80 seggi; Die Linke (ex comunisti della DDR) 9,2% e 69 seggi; i Verdi 8,9% e 64 seggi. Nessun altro partito ha varcato la soglia di sbarramento. L'unica possibile maggioranza a due è quella fra Angela Merkel e Martin Shulz, presidente della SPD, il quale – come detto – ha tuttavia escluso questa soluzione. I socialdemocratici imputano proprio alla Grosse Koalition la mezza disfatta elettorale di settembre. L'alleanza a tre (cristiano-democratici, liberaldemocratici e verdi) detta Giamaica è saltata, prima ancora di nascere, per scelta della FDP. Altre alleanze tripartite sono fantapolitica, considerate le diversità di impostazione ideologica e programmatica. Le elezioni anticipate, che il presidente Frank-Walter Steinmeier (socialdemocratico) vorrebbe evitare, sembrano dunque attualmente lo sbocco meno improbabile. I successi conseguiti in campo economico da Angel Merkel sono incontestabili. Ma questo non è più sufficiente nell'Europa di oggi. Anche in altri Paesi in cui l'economia è uscita dalla pesante crisi innescata dai dissesti della finanza internazionale e dai debiti, i partiti governativi incontrano difficoltà sul piano del consenso elettorale, pur restando le formazioni più votate. Si pensi, ad esempio, alla Spagna di Mariano Rajoy. La questione dell'immigrazione condiziona molto l'orientamento degli elettori. Ad Angela Merkel non pochi tedeschi non hanno perdonato l'apertura umanitaria verso i profughi della guerra di Siria, dopo che la tragica immagine del piccolo Aylan Kurdi sulla spiaggia di Bodrum nel settembre del 2015 aveva scosso emotivamente e profondamente le coscienze europee. Chiedere alla cancelliera – che per decenni ha vissuto dietro il Muro di Berlino – di erigere un muro contro chi fugge da una terribile guerra civile, nella quale ci sono anche pesanti responsabilità occidentali, significa vivere fuori dalla realtà politica. Un conto sono i migranti economici, altro conto sono i profughi di guerra. Questo è uno dei nodi centrali nell'Europa odierna dell'insicurezza e della paura per la minaccia costituita dal terrorismo di matrice islamica, che si infiltra anche nei flussi dei disperati verso il Vecchio Continente (oltre che tra i figli degli immigrati di vecchia data). Ma non si vedono soluzioni realisticamente praticabili diverse da quelle preconizzate e applicate da Angela Merkel. Forse le elezioni anticipate sono veramente per la Germania l'unica via d'uscita dall'impasse di queste settimane.