La quiete prima della tempesta?

di ALFONSO TUOR - L?effetto annuncio del piano europeo di salvare la Grecia in caso di bancarotta è durato poche ore. I mercati dei cambi e quello dei capitali hanno di fatto ignorato gli impegni presi dai capi di Stato e Governo dell?Unione Europea. Infatti l?euro, che si era leggermente ripreso rispetto al dollaro e al franco svizzero, ha successivamente perso il terreno riguadagnato, altrettanto è accaduto alle obbligazioni emesse dallo Stato greco. Questa reazione non sorprende: il vertice ha sancito che l?intervento europeo si concretizzerà solo se non vi saranno alternative, che per scattare sarà necessaria l?unanimità dei Paesi membri e che sarà attuato insieme al Fondo Monetario Internazionale (FMI). A Bruxelles ha dunque prevalso la posizione della Germania, che ha posto tali e tanti paletti da rendere possibile l?intervento europeo solo in un caso estremo. Inoltre la decisione di coinvolgere l?FMI, fortemente avversata dalla Banca centrale europea, indebolisce l?euro, che dimostra così di aver bisogno di un aiuto esterno per risolvere i suoi problemi interni. Può essere interessante comunque formulare alcune ipotesi sulle conseguenze di questo vertice.Innanzitutto il piano non risolve né i problemi della Grecia né i problemi degli altri Paesi in forte difficoltà (Portogallo, Irlanda e Spagna). Infatti la reazione dei mercati dei capitali anticipa che la Grecia dovrà continuare a pagare tassi di interesse estremamente elevati per rifinanziare sui mercati dei capitali le obbligazioni che giungono a scadenza quest?anno. Entro la fine del mese di maggio Atene ha bisogno di raccogliere più di 20 miliardi di euro ed entro la fine dell?anno una cinquantina. I costi di rifinanziamento resteranno elevati e contribuiranno ad aumentare il deficit pubblico greco, riducendo l?effetto delle misure di austerità varate da Atene. L?impatto della stangata fiscale greca verrà ulteriormente ridotto da una recessione, sicuramente superiore alle previsioni, che decurterà il gettito fiscale. Il rischio, che appare quasi una certezza, è che la situazione finanziaria della Grecia diventi presto a tal punto critica da far scattare la condizione di emergenza posta dal vertice europeo. Le decisioni di Bruxelles avranno effetti immediati (come desiderava la Germania) anche sugli altri Paesi europei in difficoltà. Il Portogallo, il cui rating è stato abbassato negli scorsi giorni, l?Irlanda e la Spagna saranno indotti a varare celermente programmi di austerità molto severi per evitare di fare la fine della Grecia. È quanto stanno cercando di fare sia il Governo portoghese sia quello spagnolo ed è quanto ha fatto, già alcuni mesi orsono, il Governo irlandese. E il caso irlandese mostra chiaramente quali saranno le conseguenze. L?economia irlandese, che dalla fine del 2007 si è già contratta del 12,7%, nel quarto trimestre dell?anno scorso è ripiombata in recessione dopo un terzo trimestre in cui sembrava stesse cominciando ad uscirne. Analogamente le stangate fiscali previste in Spagna ed in Portogallo renderanno più severa la recessione e non otterranno alcun significativo miglioramento delle condizioni delle finanze pubbliche. La stangata fiscale di questi Paesi costringerà alla prudenza anche altri Paesi europei (in primis Francia ed Italia), i cui deficit e debiti pubblici sono a livelli preoccupanti. Il risultato finale è una politica fiscale restrittiva, che frenerà la crescita di tutta l?economia europea e che fa prevedere una stagione di grandi tensioni sociali e politiche nel Vecchio Continente.Questo enorme e doloroso sforzo, ed è il secondo punto, potrebbe rivelarsi assolutamente inutile. Il dissesto delle finanze pubbliche di questi Paesi è solo la spia della perdita di competitività delle loro economie. L?Unione monetaria europea non ha infatti prodotto il miracolo della convergenza delle economie europee, ma esattamente l?opposto. In termini di produttività, di costo unitario del lavoro, di disoccupazione e di finanze pubbliche le differenze si sono allargate. Le politiche di austerità non incidono su queste divergenze. Anzi, sono destinate ad accentuarle. Le contraddizioni economiche dell?Unione monetaria europea rischiano così di dividere l?Europa tra pochi Paesi forti, in grado di competere sui mercati internazionali, e una maggioranza di Paesi sempre più poveri e sempre più instabili politicamente.E? una miscela esplosiva per l?euro. I tempi della crisi dell?Unione monetaria dipenderanno comunque dai mercati finanziari, che spingeranno i tassi sulle obbligazioni statali a livelli insostenibili e/o non sottoscriveranno l?emissione di nuove obbligazioni. Ciò non avverrà nei prossimi giorni. Anzi è molto probabile che per alcune settimane vi sia un ritorno ad un?apparente calma. Si può ipotizzare un?analogia tra l?attuale crisi della Grecia e la crisi finanziaria, pur sapendo che è assolutamente errato comparare la situazione di una banca con quella di uno Stato sovrano. Ebbene, nell?aprile del 2008 la Federal Reserve organizzò il salvataggio della Bear & Stearns, accollandosi i titoli tossici detenuti dalla banca di investimento americana, e facendola acquistare a prezzi di saldo dalla JP Morgan. Quell?intervento indusse molti a sostenere che la crisi dei mutui subprime, scoppiata nell?estate del 2007, poteva essere contenuta e che la banca centrale statunitense era in grado di risolvere felicemente anche altre crisi bancarie, che allora venivano comunque definite altamente improbabili. I mercati finanziari festeggiarono e per alcuni mesi vi fu una calma relativa. Ma, come tutti sanno, nel successivo mese di settembre la crisi riesplose e mise in ginocchio l?intero sistema bancario. In pratica l?intervento della Fed aveva solo fatto guadagnare un po? di tempo. Il motivo è semplice: allora come oggi non si è voluto riconoscere la gravità della crisi ed affrontarne le vere cause. È probabile che in modi diversi la storia si ripeta.E non è escluso che ciò sia quanto desidera il Governo tedesco, perfettamente consapevole che il vertice europeo non ha risolto nulla. Anzi, a Bruxelles Angela Merkel ha creato le premesse affinché si possa creare quella situazione di panico generale (simile a quella successiva al fallimento della Lehman Brothers) che metterebbe in ginocchio l?Unione monetaria e creerebbe le condizioni per permettere alla Germania di uscire dall?euro.