La ramina in testa di qua e di là

OLTRE LA FRONTIERA - La nuova rubrica di Andrea Costa
Il confine fra Italia e Svizzera a Stabio
Andrea Costa
Andrea Costa
16.01.2016 12:09

Un confine, qualsiasi confine, esiste per definire un «di qua» e un «di là» e quindi le cose che cambiano quando lo si attraversa. Un confine non è un luogo, sono due. I confini mi hanno sempre affascinato, forse perché sono nato a ridosso di questa nostra frontiera, a Como.

Dalla sommità del Monte Generoso il panorama è una meraviglia. Nelle giornate più terse si vede l'arco alpino fino al Monte Rosa, la pianura fino a Milano e più in là ancora gli Appennini mentre proprio sotto di noi si distende il Ceresio. Su quella vetta ci sono stato molte volte e ci sono arrivato, o almeno così mi pare, per tutte le vie possibili compresa ovviamente la ferrovia a cremagliera che sale da Capolago.

Lungo il sentiero in cresta, per un certo tratto si può camminare con un piede in Svizzera e uno in Italia. Una mano nell'Unione europea e una fuori. Un occhio in Ticino e l'altro in Lombardia. Lì non c'è e non c'è mai stata la rete di confine o, se vogliamo chiamarla con il suo nome, la «ramina». Perché reti di confine ce ne sono tante, ma la ramina è solo questa.

Stando sulla cima del Generoso o delle altre montagne di frontiera si sarebbe in realtà tentati di pensare che la ramina non esista. Invece esiste, e non soltanto sotto forma di reticolato più o meno impenetrabile, più o meno arrugginito e più o meno amato. Questa ramina metallica la vediamo e la tocchiamo, ma ce n'è anche un'altra che non riusciamo a toccare. Una barriera che non si può vedere ma che è per certi versi ancora più massiccia e inattaccabile di quella reale. È quella che abita nella mente di tanti ticinesi e lombardi. La ramina in testa, appunto.

Io la ramina in testa non l'ho mai avuta. Ho amici ticinesi che a dire il vero non l'hanno neanche loro, e pur avendo le radici in Italia conosco bene il Ticino. Una conoscenza che non si limita ai tanti paesi, ai monti e alle vallate ma comprende anche la storia, la politica e la cultura. Il cognome di mia madre è ticinesissimo, perché una volta era nell'altro senso che si emigrava anche se molti svizzeri non lo sanno o l'hanno dimenticato. Cerco quindi di restare ogni giorno, come quando sono in cima al Generoso, con un occhio in Ticino e l'altro in Lombardia.

Questa barriera immaginaria è la diffidenza tra i due versanti della ramina, due regioni e due comunità che invece sarebbero fatte per capirsi alla perfezione: stessa lingua e dialetti decisamente simili. Questa diffidenza mi sembra sempre più priva di significato in un mondo che diventa sempre più piccolo e interconnesso. Io voglio prima di tutto capire, e poi tentare di dissolvere queste incomprensioni. So benissimo che ci sono dei problemi molto concreti che contribuiscono ad alimentare questi sentimenti negativi, e che vanno considerati. Ma una parte altrettanto importante, se non di più, la giocano pregiudizi e stereotipi che non hanno più ragione di esistere, ammesso che l'abbiano mai avuta. Sono contento di poter dire che le generalizzazioni e gli scherni immotivati verso i lombardi mi causano lo stesso senso di fastidio quando sono rivolti ai ticinesi dai miei concittadini. E basta frequentare un po' i social media per capire di cosa parlo.

Sono un amico sincero del Ticino, e tale intendo rimanere. Gli amici veri, però, sono quelli che sanno anche parlare chiaro se qualcosa non va e applicano una uguale severità innanzitutto verso di sé. In questo piccolo spazio intendo fare proprio questo; è possibile che di volta in volta qualcuno non sarà d'accordo con me, ma spero che non saranno sempre gli stessi.

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