Democrazia

La rivincita dei giornali in un mondo da scoprire

L’editoriale di Paride Pelli nel giorno dell’edizione a tiratura aumentata del Corriere del Ticino
Il giornale, una risposta per la democrazia diretta. ©CdT/Gabriele Putzu
Paride Pelli
17.09.2020 06:00

Tra dieci giorni il popolo svizzero sarà chiamato a esprimersi su alcuni oggetti importanti, a partire dall’iniziativa per la limitazione che tanto fa scaldare gli animi a destra come a sinistra. È in frangenti come questo che la democrazia diretta, uno dei tratti distintivi del nostro Paese, raggiunge la sua piena espressione; ed è in queste occasioni che il cittadino ha il diritto, e forse anche il dovere, di essere informato e informarsi nel migliore dei modi, di raccogliere tutte le nozioni necessarie per comprendere e approfondire i temi al voto, di farsi più di un’idea e di esprimere, alla fine, un sì o un no – o una scheda bianca, in caso di dubbio - che rispecchino pienamente il suo pensiero.

Lo scriviamo dunque ancora una volta: la democrazia diretta è davvero un’opportunità eccezionale. Ma aggiungiamo anche: a patto che essa venga interpretata e «sfruttata» nel migliore dei modi da chi questo potere, il potere di voto, lo detiene e può esercitarlo con cognizione di causa. Ma come si arriva a una giusta comprensione dei temi di una votazione? A chi ancora oggi si chiede se i social media possano bastare per crearsi un bagaglio nozionistico sufficiente per andare alle urne, rispondiamo con convinzione di no: perché i social – per quanto vengano usati giornalmente da oltre uno svizzero su due – non sono veri mezzi d’informazione, quanto piuttosto aggregatori di notizie. E troppo spesso, per questa strada, finiscono col diventare, se non uno specchio deformante della realtà, quantomeno una comoda «bolla» che asseconda e rafforza i pregiudizi degli utenti. Se prima, infatti, nell’antico e solido «mondo di carta», era il lettore a cercare le news, ora sono spesso le news a cercare l’utente: un cambio di paradigma a cui non ci siamo mai veramente abituati. Percepiamo che qualcosa ci manca per avere una piena e approfondita informazione su un dato argomento. E questo qualcosa ha un nome: giornalismo. A patto, ça va sans dire, che sia giornalismo di qualità, che il pluralismo venga garantito e che ai «pro» e ai «contro» venga concessa la possibilità di esprimersi in un dibattito democratico. Un dibattito al servizio dei lettori, senza censure e senza algoritmi di cui poco o nulla sappiamo.

Contribuire a formare opinioni è d’altronde uno dei compiti del giornalismo serio, autorevole e libero: la sfida, però, necessita di costanti e importanti investimenti per rimanere al passo con i tempi, tempi che nel mondo dei media cambiano in modo repentino e brutale, come testimoniano anche gli ultimi scossoni alle nostre latitudini. Gli editori di tutto il mondo faticano a trovare il bandolo della matassa, a rendere sostenibile l’informazione di qualità, a integrare la carta al digitale, a trovare i profili idonei a condurre le imbarcazioni in questo mare tempestoso: ma non è possibile, per loro, fare altrimenti. E per quanto l’intelligenza artificiale stia facendo enormi passi avanti, è ancora lontano – fortunatamente - il momento in cui un giornale si farà da sé.

La pandemia ha certamente acuito da un lato la crisi nel mondo dell’editoria – l’erosione della pubblicità ha richiesto interventi urgenti e misure di sostegno da parte dei Governi, e la Svizzera non ha fatto eccezione – ma dall’altro ha valorizzato il ruolo di quei media che mai come da marzo in poi, durante e dopo un lockdown duro e doloroso, hanno cercato di dare risposte ai cittadini attanagliati da mille incertezze. È stato in quei difficilissimi mesi che i giornali «veri» si sono presi la loro rivincita, offrendo un servizio riconosciuto in condizioni estreme: un servizio apprezzato dai lettori, anche dai non abbonati e da coloro che fino a marzo consideravano i giornali di qualità – e i corrispondenti siti d’informazione a pagamento – poco più che un lusso per lettori d’antan. La sete di conoscenza, la necessità di trovare risposte verificate, ha invece ridato lustro al giornalismo serio e affidabile. E ha motivato ancora di più coloro che ogni giorno vi investono risorse economiche, tempo, passione e intelligenza.

Anche per questo oggi, a un anno dal lancio del nuovo layout grafico del Corriere del Ticino, vi proponiamo - esattamente come 365 giorni fa – una corposa edizione di ben 64 pagine, destinata anche a chi non ha un abbonamento al CdT. Un’edizione «a tiratura aumentata» impreziosita dal terzo quaderno Corriere3 (ulteriori 16 pagine) e resa possibile dalla collaborazione e dalla fiducia dei nostri inserzionisti e partner commerciali. Un’edizione che vuole segnare una ripartenza: quella di tutti noi, giornalisti e lettori alle prese con un «mondo nuovo» che merita di essere ben capito e ben raccontato.