L’opera che vorrei

La «Sissi» di Chiattone

La rubrica di Salvatore Maria Fares
Antonio Chiattone (Lugano 1856 - 1904). Monumento a Elisabetta d’Austria, Sissi. Montreux -1902 © Pro-Litteris
Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
16.11.2021 19:23

Il visitatissimo monumento a Elisabetta d’Austria che si trova a Montreux venne eseguito dal luganese Antonio Chiattone. Non potendo avere l’originale in marmo vorrei il famoso gesso che, conservato al MASI di Lugano, evoca l’imperatrice nota con un nomignolo di grazia: Sissi. Quel volto era stato per anni un’attrattiva di tanti che a Lugano lo vedevano passando sotto il Palazzo dei Chiattone.

Antonio Chiattone con il fratello si formò a Brera e svolse la sua prima intensa attività a Milano, che però, non riuscendo ad affermarsi, abbandonò presto tornando a Lugano dove ebbe più richieste. Antonio ebbe anche da Elisabetta d’Austria qualche commissione. La sua Sissi è affascinante e al contempo inquietante con il viso bello e finissimo. Sissi ebbe una storia più malinconica che brillante e Chiattone sembra esaltarne la malinconia di fondo. Una sovrana con primavere mai sbocciate, come per Maria José di Savoia, che per madre proveniva dalla stessa famiglia. Sissi, nata principessa di Baviera, fu anche a Lugano. Alla Svizzera era molto legata. Purtroppo vi trovò anche la sventura finale. A Ginevra un anarchico la aggredì sul lungolago con una lima. Fu straordinario il suo risollevarsi e affrettarsi verso il battello che doveva portarla a Montreux ma non sopravvisse all’aggressione del folle assassino. Sventurata come madre e come moglie, lasciò tuttavia il mito del suo fascino, della sua sensibilità e della sua cultura.

Chiattone l’ha immortalata nel marmo come i greci con i loro eroi, lei che amava la Grecia, la «sua» Corfù dove ebbe una grande villa, e la poesia malinconia di Heine, un libro del quale lo scultore ha posto nella sua mano. È stata la più amata delle sovrane perché la gente amava e ama ancora le regine e le principesse soprattutto quando sono sfortunate. Le vicende tragiche godono della partecipazione della gente. I rotocalchi fanno da cassa di risonanza. A quei tempi era la cronaca dei maggiori giornali a raccontarne l’esistenza anche quotidiana. Rimase nota e ancora più amata grazie al cinema, quando nel 1955 il regista Ernst Marischka affidò il suo volto a Romy Schneider, che tornerà sugli schermi per un film di Visconti accanto a Helmuth Berger che impersona il suo sventurato cugino re di Baviera, innamorato di lei ma non corrisposto. Storie già allora note fra i sudditi, nonostante la riservatezza delle famiglie elevate. Sissi però non determinò le scelte del marito imperatore e neanche quelle dei figli, uno dei quali, Rodolfo, consumò la tragedia di Mayerling di cui parlò il mondo, poiché aveva ucciso anche l’amante Maria Vetsera. Ne fecero dei film amatissimi, il più noto dei quali con Omar Sharif, Catherine Deneuve e Ava Gardner che interpretava Sissi.

Imperatrice girovaga e poco sul trono, piaceva per la sua innocente curiosità e i suoi slanci controcorrente. Era bavarese, quindi «meridionale». Se subì qualche fascino maschile seppe contenerlo e serbare il decoro. Francesco Giuseppe avrebbe dovuto bere di più il disinvolto «liberalismo» di Elisabetta; avrebbe salvato un matrimonio, un trono e forse anche un impero.