La Svizzera ben piazzata

La Svizzera ha mostrato sin qui una buona resilienza nella crescita economica. Inoltre, l’inflazione elvetica è molto bassa e consente una maggior difesa dei redditi reali. Sono due punti importanti, da sottolineare. Se è vero che a livello internazionale ci sono molte nubi scure create dalle tensioni geopolitiche e dalla guerra dei dazi innescata dal presidente USA Trump, è pur vero che occorre anche guardare alla tenuta economica a livello nazionale.
Se non ci saranno miglioramenti nelle sfere della geopolitica e dei commerci, il rallentamento economico mondiale proseguirà e avrà effetti negativi, inevitabilmente, anche alle latitudini elvetiche. Ma c’è modo e modo di risentire del difficile contesto mondiale. Si può venirne travolti o si può riuscire invece a limitare i danni, come ha fatto sinora il Sistema Svizzera, grazie anche alla diversificazione delle attività e dei mercati di sbocco, oltre che alla forza del mercato interno.
Secondo la Segreteria di Stato dell’economia (SECO), nel primo trimestre di quest’anno il Prodotto interno lordo elvetico al netto degli eventi sportivi è salito del 2,2% su base annua, cioè rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La crescita su base trimestrale, cioè in rapporto ai tre mesi precedenti, è stata dello 0,8%. Per Eurostat, Ufficio statistico UE, l’Eurozona nel primo trimestre 2025 ha avuto una crescita dell’1,2% su base annua e dello 0,3% su base trimestrale; secondo la stessa fonte gli Stati Uniti hanno registrato rispettivamente 2% e -0,1%. Già da questi raffronti si può vedere come la Svizzera in questo inizio 2025 sia riuscita ad avere un buon passo. A ciò si può aggiungere che la disoccupazione elvetica sin qui è aumentata non di molto, rimanendo per la SECO in tendenza sotto il 3%.
È oggettivo che il primo trimestre di quest’anno sia stato caratterizzato da un rilevante aumento dell’import negli Stati Uniti, sull’onda dell’intenzione di molte imprese americane di anticipare l’entrata in vigore dei dazi USA. C’è stato quindi un incremento dell’export verso gli Stati Uniti proveniente da una serie di Paesi, tra i quali anche la Svizzera. Nei prossimi trimestri, se i dazi in vigore o minacciati non spariranno e/o non diminuiranno, certo non ci sarà più lo stesso effetto di anticipazione. È dunque vero che l’economia elvetica ha usufruito di una situazione particolare. Ma ciò è vero anche per altri Paesi esportatori, molti dei quali però non sono riusciti a avere lo stesso passo della Svizzera.
Per l’Ufficio federale di statistica (UST), la variazione dell’inflazione elvetica in maggio è stata di -0,1% rispetto a un anno prima. Per l’Eurostat l’inflazione dell’Eurozona sempre in maggio è stata dell’1,9%, mentre per gli uffici governativi USA l’inflazione statunitense in aprile è stata del 2,3%. In Svizzera dobbiamo essere in allarme per il segno negativo dell’inflazione? In buona sostanza, no. Il rischio di una vera deflazione, cioè di una ampia e lunga discesa dei prezzi che metta in difficoltà le imprese, ancora una volta è piccolo. A riprova, le previsioni prevalenti per la Svizzera sono di un’inflazione media annua per il 2025 un po’ sopra lo zero.
Un rincaro attorno allo 0% è soprattutto un vantaggio. Con un’inflazione molto bassa, che nel caso elvetico è ottenuta anche grazie alla forza del franco, il potere d’acquisto di salari e pensioni è molto più tutelato. Per la Banca nazionale svizzera l’obiettivo è un rincaro tra lo 0% e il 2%, ma stare più verso lo 0% è meglio. Con la guerra dei dazi in corso, il pericolo di aumenti dei prezzi è più consistente. E questo è un motivo in più per apprezzare la base di partenza svizzera, che è quella di un’inflazione rientrata pienamente negli argini. La BNS potrebbe tagliare ancora i tassi, anche per frenare il franco in funzione dell’export. Ma è auspicabile che non esageri nei tagli. Con una moneta forte e un’inflazione bassa i problemi sono contenuti, con una moneta non forte e un’inflazione non bassa i problemi sono ben più pesanti.