Hockey

La Svizzera, Patrick Fischer e un Mondiale tra passato e futuro

Herning e la Danimarca fanno emergere grandi ricordi, mentre all'orizzonte si vede già l'edizione casalinga del 2026 - Ma questa Nazionale sembra ben ancorata al presente
© Keystone/Salvatore Di Nolfi
Fernando Lavezzo
09.05.2025 06:00

Ieri mattina la piccola Herning si è svegliata nella sua tipica, nordica quiete. Ultimi preparativi nelle vie del centro (nella «via», al singolare, sarebbe più corretto, viste le dimensioni); giovani genitori in bicicletta con i neonati addormentati nel rimorchio; cani a passeggio nelle verdi campagne che circondano la moderna area residenziale a sud della stazione ferroviaria. Tutto tranquillo, quasi troppo. Ma oggi la cittadina dello Jutland centrale inizierà ad animarsi sul serio, con la Svizzera in pista alle 16.20 contro i campioni in carica della Cechia e i padroni di casa della Danimarca protagonisti in serata contro gli Stati Uniti (no, in palio non c’è la Groenlandia). I rossocrociati iniziano dunque da una rivincita. Quella dell’ultima finale, persa 2-0 contro i cechi. Le ambizioni elvetiche non sono cambiate: si vuole arrivare fino alle «final four» di Stoccolma e giocare per un’altra medaglia. Sognare è più che lecito, con la Russia sempre fuori dai giochi e nonostante una concorrenza molto agguerrita. Le favorite? Svezia e Canada, che giocano nell’altro girone e che potremmo trovare già ai quarti, così come l’insidiosa Finlandia.

Patrick Fischer è in carica dal 2016. Dopo due Mondiali di apprendistato, quelli di Mosca e Parigi, la sua visione ha preso magicamente vita proprio in Danimarca, nel 2018. Tra Herning e Copenaghen, sette anni fa la sua Svizzera si scoprì grande. Una convinzione portata avanti anche in seguito, nonostante una lunga serie di delusioni iridate e olimpiche, con eliminazioni precoci e spesso inattese, fino al nuovo exploit di dodici mesi fa. Un argento, quello di Praga, che oggi toglie un po’ di pressione. Per affrontare questo nuovo torneo, la Svizzera può alimentarsi con i ricordi felici del passato. Ma lo sguardo è già rivolto al futuro. Il 2026 sarà un anno importantissimo, con le Olimpiadi appena oltre confine, a Milano, e il Mondiale in casa, a Zurigo e Friburgo. Due eventi che già ora catalizzano energie e aspettative, ma che non hanno distolto l’attenzione dal presente. Convincere 4, forse 5 star NHL a raggiungere la Nazionale in una sperduta località della Danimarca, dopo una logorante stagione e una cocente eliminazione al primo turno dei playoff, non è affatto scontato. Ma è una cosa che a Fischer è sempre riuscita benissimo. Il coach di Zugo ha saputo coinvolgere i giocatori con il suo entusiasmo. Ha creato un’identità, uno spirito di appartenenza e ambizioni condivise. Certo, appare molto severa l’esclusione fino al 2027 di un talento come Lian Bichsel, punito per aver rinunciato a due convocazioni con la Nazionale U20. Ma sono regole, queste, che reggono i delicati equilibri di uno spogliatoio composto da personalità forti.

È un Mondiale tra passato e futuro, dunque. E lo è anche la selezione rossocrociata. Che non ha rinunciato ai giocatori di esperienza (per il 41.enne Ambühl sarà il 20. e ultimo Mondiale), ma nel contempo si è rifatta il look. Complici gli infortuni di alcuni senatori, a questa edizione sono presenti diversi volti nuovi. Compresi il portiere Charlin, i giovanissimi Knak, Baechler e Schmid e l’ex Ambrì e Ticino Rockets Dario Rohrbach (frettolosamente accantonato dai biancoblù e sbocciato a Langnau). A due settimane dalla retrocessione della Svizzera Under 18 ai Mondiali di categoria, c’è dunque margine per guardare al domani con fiducia, pur senza nascondere sotto il tappeto i vuoti generazionali di un Paese che resta numericamente piccolo.

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