La vittoria commerciale del gigante asiatico

La Cina resta un enigma. Il gigante asiatico è riuscito a sostenere e a vincere la sfida commerciale di Donald Trump, ma continua a soffrire per una crisi economica determinata dal crollo della bolla formatasi nel mercato immobiliare. L’economia cresce annualmente del 5%, ma il Paese si trova in deflazione con i prezzi al consumo e alla produzione in calo, con il risparmio privato che continua ad aumentare e i consumi interni che languono. Ma soffermiamoci prima sui punti di forza: la produzione industriale cinese supera di un terzo quella del resto del mondo, domina alcuni settori come le energie alternative (solare e vento) e le automobili elettriche ed infine ha il controllo delle terre rare indispensabili per l’informatica, per la produzione di armi, ecc. E di fronte alla prospettiva di vedere fermarsi la produzione di automobili, di chips, di armi, Donald Trump non ha potuto giocare con Xi Jinping il gioco della sottomissione già rodato con l’Unione europea e la Svizzera.
Anche nelle nuove tecnologie la Cina ha fatto passi da gigante: ha la sua intelligenza artificiale (Deepseek e Alibaba) ed è in ritardo solo nella produzione dei semiconduttori di ultima generazione. E ciò è provato dal fatto che ora gli occidentali non investono solo in impianti produttivi, ma soprattutto in laboratori di ricerca. La forza del Paese è dimostrata dalla sua bilancia commerciale che nei primi undici mesi di quest’anno ha registrato un attivo di ben 1000 miliardi di dollari. Si tratta di un primato raggiunto nonostante i dazi americani (l’export cinese verso gli USA è calato di 100 miliardi) e favorito dall’aumento delle esportazioni nel resto del mondo e soprattutto nei Paesi del Sud-Est asiatico accusati di collaborare con Pechino per aggirare le misure tariffarie americane. Paradossalmente la forza industriale della Cina sta diventando un problema per Pechino. Infatti Xi Jinping non può pretendere di avere buoni rapporti con gli altri Paesi se li invade con i propri prodotti. In pratica, la politica economica si scontra con l’obiettivo di allargare la propria sfera di influenza a livello mondiale.
Ma c’è di più, Pechino deve rilanciare l’economia, poiché la disoccupazione cresce soprattutto tra i giovani che hanno frequentato l’università e tutti gli indicatori dimostrano che diminuisce la fiducia della popolazione. I vertici del Partito comunista hanno varato diverse misure per rilanciare i consumi, ma non hanno voluto varare un forte piano di rilancio. E le spiegazioni sono diverse. I vertici del Paese ritengono che la crisi immobiliare non ha ancora raggiunto il minimo e che un forte e serio intervento sarebbe troppo costoso e rischierebbe di fallire. Inoltre dato che l’economia continua a crescere è meglio concentrare gli investimenti pubblici nelle nuove tecnologie e recuperare il ritardo nei semiconduttori e soprattutto spingere l’uso delle nuove tecnologie negli armamenti. E in effetti sembra che l’esercito cinese stia diventando sempre più moderno ed efficiente. Questa però è una politica pericolosa, poiché sta crescendo nel Paese il malcontento che potrebbe prima o poi cominciare a manifestarsi. E infatti rischiano di non più bastare ed anzi di essere controproducenti gli appelli di Xi Jinping ai giovani di non abituarsi alle comodità e di attrezzarsi per una vita dura necessaria a contribuire ad affrontare le sfide del Paese.
