L'America e la rivolta del tè

di GERARDO MORINA - L?America di Obama subisce l?azione di due forze opposte. La prima, centripeta, è data dal tentativo del presidente di attuare una linea il più possibile «post-partisan» e quindi convergente verso un centro comune; la seconda, centrifuga, è frutto della crescente radicalizzazione della politica americana: i democratici sempre più «liberal» e i repubblicani sempre più conservatori. Ma se la sinistra USA (pur sempre moderata rispetto a quella europea) non ha ancora dato luogo a movimenti estremisti, la destra (più schematica rispetto a quella del Vecchio Continente) presenta un fenomeno nuovo, come ha dimostrato la Convention dei Tea Party svoltasi lo scorso fine settimana a Nashville, che ha fatto assurgere Sarah Palin (ex candidata repubblicana alla Casa Bianca) a «star» dell?evento. I Tea Party, nonostante il nome, non costituiscono un partito ma un movimento che così si chiama perché si rifà al «Boston Tea Party» del 1773, l?episodio di protesta contro l?approvazione della legge britannica sul tè, che aveva conferito alla Compagnia delle Indie il monopolio del commercio del tè con le colonie nordamericane. Fu allora che i radicali bostoniani (il Massachusetts rappresentò la prima colonia inglese del Nuovo Mondo) diedero l?assalto a una delle navi della compagnia, gettandone in mare il carico di tè e contribuendo con questo gesto a porre le basi di quello che due anni dopo sarebbe diventato in Virginia lo slogan della rivoluzione americana: «No taxation,without representation» («No alle tasse in mancanza di una rappresentanza parlamentare»). Nell?attuale movimento il tè non c?entra se non come precedente storico. «TEA» non è infatti che l?acronimo di «Taxed Enough Already» («Gia tassati abbastanza»), lo slogan a cui si ispira la rivolta antistatalista, antiimmigrati e antiabortista di una parte dell?odierna destra americana. Il movimento ha subito una genesi graduale, iniziata un anno fa come forma di protesta contro l?aumento di tasse legato al progetto di riforma sanitaria di Obama, rafforzatasi lo scorso novembre con la conquista repubblicana dei governatorati della Virginia e del New Jersey (entrambi Stati-roccaforte del partito di Obama) e infine, lo scorso gennaio, esaltata dalla vittoria sempre repubblicana conseguita nel Massachusetts, che ha strappato ai democratici il seggio senatoriale a lungo detenuto da Ted Kennedy.Presenti alla riunione di Nashville con un migliaio di persone tra delegati e militanti, i Tea Party vogliono capeggiare una controrivoluzione dopo la «rivoluzione» di Barack Obama. Non a caso Sarah Palin s?è scagliata contro il presidente, attaccandolo su ogni fronte: sull?economia perché «aumenta il deficit indebitando le future generazioni», sulla politica estera in quanto «gira il mondo per chiedere scusa a tutti a nome dell?America», sul terrorismo per essere «un debole», come sarebbe stato dimostrato dall?attentatore nigeriano riuscito a salire a bordo del volo Amsterdam-Detroit.Nashville ha assistito così al tentativo di trasformare una mobilitazione conservatrice in una forza politica in grado di fare da eventuale trampolino di lancio alla ridiscesa in campo della Palin nelle presidenziali del 2012, anche se «Sarah Barracuda» non ha ricevuto alla recente Convention alcun incarico e si limita per ora a presentarsi come icona del ribellismo antistatalista. Né, fanno osservare alcuni simpatizzanti dei Tea Party, potrebbe essere diversamente, dal momento che un movimento di protesta come questo che si oppone al centralismo non necessita di capi centrali.I Tea Party tendono inoltre a delinearsi come forza trans-partitica rimarcando la loro indipendenza dai due partiti principali e trovando un loro collante esclusivamente nel proprio spirito di rivolta contro l?establishment di Washington. Non a caso a Nashville non erano presenti delegazioni ufficiali né repubblicane né democratiche. Sta di fatto però che i Tea Party mancano per ora di una strategia politica studiata e coordinata e in più mostrano al loro interno non poche divisioni. Se la «Tea Party Nation» figurava come la promotrice di Nashville, un sottogruppo come i «Tea Party Patriots» ha disertato l?evento e ha contestato il prezzo del biglietto d?ingresso in quanto raccolta di fondi per il partito repubblicano.La prova per il futuro consisterà soprattutto nel vedere in che tipo di farfalla si trasformerà questa crisalide. Se si disperderà o se eguaglierà i successi di passati movimenti conservatori come la Christian Coalition, determinante nel mandare entrambi i Bush alla Casa Bianca. Se sarà un movimento in grado di rinnovare la leadership repubblicana come reazione all?agenda progressista dei democratici. E, quindi, se gioverà agli stessi repubblicani oppure finirà col fare il gioco dei democratici.