L'amnistia e la fiscalità eccessiva

di FABIO PONTIGGIA - La proposta di varare in Ticino un?amnistia fiscale non ha vita facile. Approvata con convinzione dal Governo, non suscita entusiasmi tra i partiti. Scontato il no socialista (per questioni di equità e di parità di trattamento) e quello dei Verdi (misura precipitosa), sono giunti come una duplice doccia fredda il rifiuto della Lega (che ritiene inefficace e poco attrattiva l?amnistia elaborata dal DFE) e, a ruota, il mezzo ripensamento del PPD (che giudica necessario un consenso ampio per poter mandare avanti il progetto). A favore rimangono il PLRT e l?UDC.Lo sgretolamento del fronte pro amnistia fiscale, oltre che essere poco decoroso, non lascia presagire nulla di buono. È poco decoroso perché non molte settimane fa erano stati proprio i quattro gruppi PLRT, PPD, Lega e UDC a presentare con molta enfasi al Governo un?iniziativa pro amnistia. La proposta messa a punto dal DFE e avallata dal Consiglio di Stato, nella sostanza segue quanto chiesto dai quattro gruppi e in più risulta essere assai più al riparo da eventuali censure di incompatibilità con il diritto federale. Il recente dietrofront di Lega e PPD non è sorretto quindi da alcuna valida motivazione.Lo sgretolamento del consenso tra i partiti a questo stadio dell?iter legislativo non lascia inoltre presagire nulla di buono poiché si sta entrando oramai nel clima di preparazione allo scontro elettorale dell?anno prossimo, per cui ogni partito tende a smarcarsi, a pensare al suo orticello e al suo tornaconto e a mettere in difficoltà gli altri. La palla è ora nel campo della Commissione tributaria del Gran Consiglio: bisognerà vedere se i commissari tireranno dritto o se si lasceranno condizionare dalle schermaglie in atto.Che un?amnistia fiscale limitata alle imposte cantonali (e comunali) sia meno efficace di un?amnistia generale decisa a livello federale, è una constatazione su cui tutti concordano. Ma da qui a dire che il nulla sia meglio di un?amnistia cantonale, ce ne corre. E siccome a Berna non c?è la volontà di attuare l?amnistia generale, il Ticino – dove questa volontà maggioritaria invece c?è o perlomeno c?era fino al mese scorso – può solo scegliere tra il nulla e un?amnistia dimezzata. Se l?obiettivo perseguito è far emergere, per poterli poi tassare regolarmente, capitali e redditi oggi non dichiarati, non c?è dubbio che l?amnistia dimezzata sia meglio del nulla. L?obiezione principale contro questo genere di provvedimenti, al di là dei rilievi di dettaglio sul modo di attuazione (aliquota più o meno elevata), è di natura etica. Anche chi è tendenzialmente favorevole, teme di essere criticato per questo aspetto, di essere cioè additato quale sostenitore passivo degli evasori fiscali e quindi quale negatore del principio della parità di trattamento fra contribuenti.A chi dichiara tutto e paga le imposte su tutto dà indubbiamente fastidio che un?amnistia, per quanto eccezionalmente, premi in qualche modo chi non ha dato seguito a tutti i suoi obblighi con il fisco. Ma sbarrare la strada ad una regolarizzazione incentivata da un parziale condono delle imposte sottratte, significa di fatto – che lo si voglia o no – perpetuare la sottrazione d?imposta: i capitali e i redditi non dichiarati continuerebbero infatti a non essere dichiarati e i loro titolari a non pagare le relative imposte. L?opposizione dogmatica all?amnistia produce un effetto di segno diametralmente opposto a quello della ragione di fondo fatta valere dagli oppositori. Per questo, chi boccia l?amnistia dovrebbe perlomeno fare una concreta e praticabile proposta alternativa che permetta di raggiungere lo stesso obiettivo e di ripristinare quindi la parità di trattamento fra contribuenti. Il semplice no è un sì tacito all?evasione. Ma anche sul merito della questione etica, il no all?amnistia presta il fianco a un?obiezione più che fondata.Se infatti, nel principio, è immorale non pagare le imposte, è altrettanto immorale che una sostanza e il relativo reddito siano colpiti dal fisco in misura spropositata. Il diritto di proprietà è uno dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione: v?è da chiedersi se tale diritto sia salvaguardato quando lo Stato, tramite le imposte, erode la sostanza di un contribuente o si mangia quasi l?intero reddito prodotto da questa sostanza.Non c?è bisogno di andare in Svezia per riscontrare situazioni di questo genere. Nel nostro Paese chi ha accumulato regolarmente, alla luce del sole, risparmi di una certa portata e li tiene depositati senza fare speculazione, viene colpito in misura massiccia (e iniqua) dal fisco. Si potrebbero fare molti esempi. In Ticino, il reddito reale dato da un capitale di 500.000 franchi, tra imposta sulla sostanza (cantonale e comunale) e imposte aggiuntive sul reddito (federale, cantonale e comunale), viene colpito con un?aliquota effettiva vicina al 90% in presenza di bassa inflazione; se l?inflazione è elavata, il prelievo fiscale non solo si mangia tutto il reddito, ma arriva ad intaccare la sostanza stessa. Questo è immorale almeno tanto quanto il non dichiarare ciò che si possiede e quindi il non pagare le imposte.Di qui la necessità di una soluzione. L?amnistia è una possibile soluzione. L?ideale, come detto, sarebbe quella generale decretata dalla Confederazione, come 41 anni fa: ci sarebbero tutte le condizioni per fare un simile passo oggi in Svizzera. Ma Berna è ferma. E quindi tocca a Bellinzona.Il non fare nulla, invece, non è una soluzione. Significa lasciare irrisolto il problema e perpetuare uno stato di cose che gli oppositori dell?amnistia ritengono moralmente insostenibile.