Prime sindache ticinesi

Le donne hanno una marcia in più

Il commento di Nicola Bottani che in CorrierePiù ricorda Lidia Cremona-Boschetti e Myriam Poli-Dolfini
Un ritratto di Lidia Cremona-Boschetti, prima donna sindaca nella storia del canton Ticino. © Liliana Stempfel
Nicola Bottani
Nicola Bottani
17.04.2021 06:00

Le vite delle prime due donne elette alla carica di sindaco nella storia ticinese – Lidia Cremona-Boschetti, qui nella foto e la prima in assoluto, nominata tacitamente nel 1971 a Vezio e Myriam Poli Dolfini che venne scelta col voto della cittadinanza nel 1972 a Brusino Arsizio – ci raccontano di una grande sensibilità nei confronti della comunità e quindi del bene comune che si è poi tradotta in una radicale passione civile. Ricordiamo Lidia Cremona-Boschetti e Myriam Poli-Dolfini in CorrierePiù non solo per il primato che detengono nell’ambito dell’amministrazione di un Comune, ma anche per sottolineare ciò che di notevole hanno saputo fare nel loro piccolo. Un’espressione, quest’ultima, da non intendere in modo riduttivo, bensì riferita alla circoscritta realtà dei villaggi di Vezio e Brusino Arsizio nei primi anni Settanta dello scorso secolo, quando la località malcantonese contava 132 abitanti e quella sulle sponde del Ceresio attorno ai 400.

Per certi versi potremmo anche stupirci della loro capacità di agire e di allacciare proficuamente relazioni tanto all’interno quanto al di fuori delle proprie comunità, abilità che hanno fatto la forza di Lidia Cremona-Boschetti e Myriam Poli-Dolfini. Come non di rado ci stupiamo per ciò che hanno fatto e dato altre donne che hanno lasciato un segno nella storia di questa nostra umanità, poco importa se in contesti minuti oppure grandiosi.

Scrivendo di donne da uomo – nel senso di maschio – è grande il rischio di andare a finire in men che non si dica in luoghi comuni o frasi fatte, oppure di toccare tasti delicati o controversi come le presunte o reali differenze di genere anche in un campo come la politica. Ci affidiamo allora alle parole che troviamo nel libro «Il cervello è più grande del cielo – I segreti della mente spiegati da un grande neurochirurgo», scritto da Giulio Maira e pubblicato dall’editore Solferino nel 2019.

Ebbene, come spiega appunto Maira, neurochirurgo italiano di fama, nel corso dell’evoluzione della specie umana il cervello delle donne ha sviluppato capacità tali da permettere loro di differenziarsi nettamente rispetto ai maschi nel campo dell’agire e del relazionarsi con gli altri. In chiave evoluzionistica, fin dagli albori della storia dell’uomo «di fronte a un pericolo la donna doveva proteggere la prole, rassicurarla con le parole, sedare i conflitti, cercare alleanze con le altre donne del clan se gli uomini erano assenti; compito dell’uomo era procurare il cibo con la caccia, oppure aggredire e abbattere l’eventuale aggressore».

Giulio Maira cita poi Louann Brizendine, neuropsichiatra dell’Università della California a Berkeley che, sempre a proposito di quel è accaduto nel corso dell’evoluzione della specie umana, afferma: «Mentre gli uomini potenzieranno in particolare i centri cerebrali legati al sesso e all’aggressività, le donne tenderanno a sviluppare doti uniche e straordinarie: una maggiore agilità verbale, la capacità di stabilire profondi legami di amicizia, la facoltà quasi medianica di decifrare emozioni e stati d’animo dalle espressioni facciali e dal tono della voce, e la maestria nel placare i conflitti».

Non sappiamo se queste teorie – suffragate da ricerche scientifiche sulla struttura del cervello e delle sue reti neurali – siano mai state applicate all’ambito della psicologia politica. Ma non ci pare insensato affermare che donne come Lidia Cremona-Boschetti, Myriam Poli-Dolfini e moltissime altre esprimono al massimo livello l’evoluzione del cervello femminile che fin dagli albori dell’umanità sembra particolarmente adatto per realizzare il bene comune nelle società.