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Le parole del vescovo e i versi di Montale (II)

L’editoriale del direttore Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
02.05.2020 06:00

Le omelie del vescovo Valerio colgono sempre nel segno in questa sovvertita realtà. «I drammi della storia alla Sua luce non vengono dissolti per la soddisfazione della nostra ragione, orgogliosa e utilitaristica, ma diventano di nuovo vivibili umanamente» (omelia per la terza domenica di Pasqua). Chi ha fede recepisce l’illuminazione e rivive il dolore e lo smarrimento. Chi non ce l’ha, fa i conti con gli imperscrutabili itinerari della storia. «La storia non si snoda / come una catena / di anelli ininterrotta. / In ogni caso / molti anelli non tengono. / La storia non contiene / il prima e il dopo (...) / La storia non somministra / carezze o colpi di frusta» (Eugenio Montale, La storia). Perché accade tutto ciò? Aveva ragione l’incompreso Guido Morselli quando scriveva, nell’illuminante Fede e critica, che la forza della religione sta nella capacità – non data alla scienza e alla filosofia - di rispondere alla domanda: perché si soffre? Una domanda davanti alla quale «facilmente i nostri pensieri s’incartano» sebbene «non ci si sazia di commentare e di tentare nuove spiegazioni» (vescovo Lazzeri). Noi, che montalianamente apparteniamo alla razza di chi rimane a terra, con l’ausilio della scienza cercheremo di scartare ciò che si lascerà scartare per capire meglio cosa c’è dentro.