Le parole del vescovo e i versi di Montale (II)

Le omelie del vescovo Valerio colgono sempre nel segno in questa sovvertita realtà. «I drammi della storia alla Sua luce non vengono dissolti per la soddisfazione della nostra ragione, orgogliosa e utilitaristica, ma diventano di nuovo vivibili umanamente» (omelia per la terza domenica di Pasqua). Chi ha fede recepisce l’illuminazione e rivive il dolore e lo smarrimento. Chi non ce l’ha, fa i conti con gli imperscrutabili itinerari della storia. «La storia non si snoda / come una catena / di anelli ininterrotta. / In ogni caso / molti anelli non tengono. / La storia non contiene / il prima e il dopo (...) / La storia non somministra / carezze o colpi di frusta» (Eugenio Montale, La storia). Perché accade tutto ciò? Aveva ragione l’incompreso Guido Morselli quando scriveva, nell’illuminante Fede e critica, che la forza della religione sta nella capacità – non data alla scienza e alla filosofia - di rispondere alla domanda: perché si soffre? Una domanda davanti alla quale «facilmente i nostri pensieri s’incartano» sebbene «non ci si sazia di commentare e di tentare nuove spiegazioni» (vescovo Lazzeri). Noi, che montalianamente apparteniamo alla razza di chi rimane a terra, con l’ausilio della scienza cercheremo di scartare ciò che si lascerà scartare per capire meglio cosa c’è dentro.