Taca la bala

Le sorprese di Gianni

La decisione più coraggiosa presa da Infantino e dalle sue truppe nell’ambito di questo Mondiale è stata quella di allungare i tempi di gioco delle partite
Il presidente della FIFA Giani Infantino. ©Copyright 2022 The Associated Press.
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
25.11.2022 06:00

Ha fatto il duro solo per un giorno, lustrando il pelo alle autorità locali e scagliandosi a sorpresa contro il resto del mondo, l’Europa in particolare, dicendo di sentirsi arabo, africano, gay, migrante e via di questo passo. Si sentiva «diverso», insomma, il presidente della FIFAGianni Infantino, tornato d’improvviso pavido e «normale» poco dopo il suo discorso, quando non ha saputo opporsi ai diktat qatarioti: zero alcol allo stadio, niente fascia di capitano che richiamasse i diritti di ciascuno di noi a manifestare i suoi sentimenti in base alle proprie convinzioni. Così la decisione più coraggiosa presa da Infantino e dalle sue truppe nell’ambito di questo Mondiale è stata quella di allungare i tempi di gioco delle partite. Recuperi interminabili, introdotti senza preavviso, che rischiano di produrre conseguenze sulle dinamiche delle partite.

Diciamo la verità: siamo stati tutti quanti sorpresi dal provvedimento, ma eravamo disattenti. «Chiediamo agli spettatori di pagare il biglietto promettendo loro delle partite che durano 90 minuti, quando in realtà si gioca a calcio in media per soli 50 minuti. C’è qualcosa da rivedere» aveva detto Infantino in un’intervista rilasciata a beIN Sports. Almeno in questo caso, il presidente della FIFA non ha torto. Il CIES (Centro internazionale degli studi dello sport, basato Neuchâtel e diretto dal ticinese Raffaele Poli) nel dicembre del 2018 aveva pubblicato uno studio riguardo al tema, mettendo in luce che in Champions League il tempo di gioco effettivo medio era di 54 minuti, un record in rapporto alle misurazioni effettuate in una trentina di campionati nazionali europei, dai quali emergeva che il tempo effettivo non superava quasi mai i 50 minuti, con l’ultimo posto assegnato alla prima divisione portoghese, che praticamente stava in campo per un intero tempo senza giocare (la nostra Super League non fa tanto meglio con 48,33 minuti di calcio effettivo).

Dunque qualcosa andava fatto ed è un bene che si sia cominciato dal Mondiale, un evento che attira l’attenzione del grande pubblico. Qualche dubbio lo si può per contro nutrire riguardo alle modalità di comunicazione del provvedimento adottato dalla FIFA, che a quanto pare non solo non ha pensato di coinvolgere allenatori e giocatori per una riflessione sul problema prima di arrivare ad una soluzione, ma non ha nemmeno comunicato il cambiamento, che comporta inevitabilmente anche un atteggiamento tattico diverso e tutto da studiare da parte delle squadre in campo, sia nel corso della partita, sia soprattutto durante la fase del recupero.

Intanto, sul piano fisico aggiungere oltre il 10% del tempo previsto per la partita non sarà privo di conseguenze per gli atleti in campo, anche se a fronte di qualche malumore espresso da calciatori e allenatori, si può rispondere che oggi sono concessi più cambi rispetto al passato nel corso della competizione. A livello tattico la gestione degli ultimi minuti della partita può cambiare, soprattutto se non c’è la chiarezza necessaria per determinare l’entità del recupero. Un conto è arrivare al 90° pensando di dover rimanere in campo ancora due o tre minuti, un altro è vedersi aggiungere un tempo di gioco che si avvicina ai 10 minuti (quasi un supplementare) senza aver maturato la coscienza che ciò potesse accadere.

Senza spingersi sino a considerare i tempi di gioco effettivo come avviene nel basket o nell’hockey, il calcio aveva però bisogno di un provvedimento che penalizza soprattutto i furbetti, quelli che cadono a terra senza motivo, pur di far trascorrere del tempo. Ne traggono vantaggio anche le riserve, che avranno più tempo di gioco. E forse indirizzeranno qualche imprecazione in meno al proprio allenatore.

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