Editoriale

Lega-UDC: il Primo agosto e la colla scarsa

La Festa nazionale svizzera non ha colore politico, ma alcuni partiti si sono impossessati di questa celebrazione per farne un proprio cavallo di battaglia identitario
©Gabriele Putzu
Gianni Righinetti
30.07.2025 06:00

Il Primo agosto è il giorno di tutti gli svizzeri, una Festa nazionale che non ha colore politico e che non dovrebbe neppure ammettere disquisizioni su chi è «più» o «meno» svizzero. Questa è la bella teoria delle parole, nei fatti sappiamo che le cose non stanno esattamente così. Ci sono partiti che si sono impossessati di questa celebrazione unitaria, per farne un proprio cavallo di battaglia identitario. Giusto o sbagliato, lodevole o biasimevole, questa è la realtà odierna. In Svizzera e in Ticino. Nel nostro triangolo di terra cantonticinese non è solo l’UDC ad aver fatto del giorno in cui conta solo la croce bianca su sfondo rosso, la sua bandiera, ma pure la Lega.

Partiti che festeggeranno riunendo i rispettivi sostenitori, che si alzeranno in piedi, mano destra sul cuore, sguardo fermo e fiero, intonando il salmo svizzero. Da settimane, sui rispettivi canali social, con asfissianti operazioni mailing, o sul giornale domenicale, le due forze che presidiano il fronte di destra dell’emiciclo istituzionale, promuovono i rispettivi appuntamenti, forse nel timore che vadano semideserti, con i leghisti 3.0 che addirittura (uella! sentenzierebbero i leghisti doc se a farlo fossero altri partiti) organizzano il trasporto in bus per raggiungere l’impervia cima del Monte Ceneri, dichiarando la gratuità del menù a base di «risotto con pasta di luganighetta», ma solo dopo un altrettanto gustoso salametto. L’elettore, a non averne dubbi, lo si prende anche per la gola. D’altronde questa ricetta non è nuova.

Lega e UDC hanno messo il loro marchio sul Primo agosto da anni, sfruttando abilmente la latitanza di altri, ad immagine del PS che timidamente lo snobba per il timore infondato di apparire troppo a destra, il Centro che festeggia in agosto, ma non il primo giorno del mese e il PLR che appare e scompare a corrente alternata. In prossimità delle elezioni capita di trovare i liberali radicali patriotticamente riuniti, lontano da questi appuntamenti è invece molto più raro. In un certo senso l’assenza della politica in questa giornata, in un Cantone che vive di continua overdose politica, non è di per sé un male, perché sentirsi fieramente uniti non deve avere accezione politico-partitica. Anche perché la politica non è un luogo di unione o aggregazione, bensì di dialettica e confronto. Al punto che, anche chi la pensa allo stesso modo, si guarda bene dal sedersi allo stesso tavolo.

E siamo punto e a capo. Leghisti e democentristi, che stanno vivendo una lunga stagione di tensioni, iniziata almeno nella campagna elettorale per l’appuntamento dell’aprile del 2023, una volta ancora hanno dimostrato l’incapacità di unirsi sotto la bandiera rossocrociata. Condividono, in chiave politica, la verve sovranista, finanche il primanostrismo e l’idea di salvaguardia della purezza elvetica, ben sapendo che il mondo va in un’altra direzione e che in Ticino alzi la mano chi non ha un nonno o un avo con radici almeno lombarde. L’idea di ticinesità, intesa come ci vorrebbero insegnare i due partiti che stanno a destra, altro non è che una farsa storica.

E dire che entrambi gli schieramenti, non nelle ultime settimane di forti tensioni per arrocchi o sbranamenti reciproci facendo uso della tematica del lupo, ma mesi fa avrebbero potuto unire le forze per dare vita ad un’adunata del Primo agosto in grande stile. Questo sì che avrebbe dato un segnale politico chiaro e di spessore per le elezioni cantonali del 2027. Certamente, avrebbero (condizionale d’obbligo) potuto, ma la colla tra il partito condotto da Daniele Piccaluga e quello di Piero Marchesi, è da tempo difettosa. Non si può unire ciò che la rispettiva storia politica, con l’ascesa degli uni e la discesa degli altri, ci indica chiaramente essere destinato a restare separato. Neppure le idee politiche sovrapponibili su diversi temi cardine, come la bandiera svizzera, il primanostrismo e la neutralità sono forti al punto da unire un teorico fronte che, per effetto di un ipotetico cambiamento di sistema elettorale passando dal proporzionale al maggioritario, sarebbe in grado di ritagliarsi un ruolo di una certa importanza e sostanza.

La realtà dei fatti dimostra che ambizioni, personalismi, nonché il timore di perdere lo scettro governativo hanno minato un potenziale politico capace, in potenza, di valorizzare anche principi di politica sociale facendoli coabitare con principi di politica economica. L’impressione è che nessuno, al vertice dei due fronti, si renda realmente conto del territorio politico presidiabile da Lega e UDC uniti. Ma oggi qualsiasi pentimento sarebbe tardivo e gli altri partiti possono sorridere, nella speranza che nulla cambi e che la colla continui ad essere di scarsa qualità. Ad immagine della politica dei giorni nostri.