La riflessione

Letteratura italiana, ma dove sei finita?

Il quotidiano spagnolo «El Pais» ha stilato un elenco dei cento libri più importanti di questo primo scorcio di millennio tra i quali manca clamorosamente la produzione nella lingua di Dante - La conferma di un declino culturale che dura da tempo
Roberto Cotroneo
05.12.2019 06:00

Alle volte per capire quello che succede si devono collegare notizie apparentemente lontane. Qualche giorno fa il quotidiano «El Pais» ha pubblicato un lungo articolo dove si stabilisce il canone letterario mondiale per i primi vent’anni di questo nuovo millennio. Lo hanno fatto 80 critici, scelti tra i più autorevoli. Di fatto nient’altro che i cento libri nel mondo più significativi stampati tra il 2001 e il 2019, gli autori che resteranno, i romanzi che si devono leggere. Cento libri sono tanti, cento libri permettono un’idea ben precisa di quello che è avvenuto nel mondo nella cultura letteraria, ma anche delle scelte degli editori quando parliamo di autori del recente passato. E quel tipo di ricognizione, di articoli, con l’elenco annesso hanno sempre stimolato e incuriosito i lettori. Per capire se tra quei volumi c’è il romanzo che abbiamo amato, per vedere se invece non è stato messo, ma anche per scoprire nuovi titoli, nuove letterature che conosciamo meno, e magari sperare che siano in lingue che conosciamo, o che magari vengano tradotti al più presto.

Sgradita scoperta
Anche io ho cominciato a scorrere i cento titoli. Ed effettivamente ho trovato molti libri che avevo letto. Però man mano che procedevo mi accorgevo che mancava qualcosa. I primi dieci, i primi cinquanta. Niente. Poi i primi ottanta, ancora niente. Sono arrivato al centesimo e ho ricontrollato. Sarò io che mi sono perso qualcosa? Sarò io che mi sono distratto? Sono andato a ritroso. Ancora niente. Nessun titolo in lingua italiana, nessun autore italiano. Ho avuto un brivido. Possibile che in questi vent’anni, secondo i critici interpellati dal quotidiano «El Pais» l’Italia non abbia pubblicato un solo romanzo degno di essere tra i magnifici cento? È un dispetto? Una incomprensibile sciatteria? Un complotto (ma questo è detto ironicamente, meglio precisarlo)? Si è scoperto il vaso di Pandora. Si è arrivati alla resa dei conti. Anche se in Italia nelle case editrici avranno un atteggia-mento piuttosto indifferente, e i giornali penseranno che «El Pais» non è così autorevole da perderci troppo tempo. E gli autori italiani si penseranno inutilmente discriminati e andranno comunque alle loro trasmissioni televisive, a parlare dell’ultimo romanzo, del penultimo e anche del terz’ultimo. Magari rendendosi conto che i loro ultimi tre romanzi sono stati pubblicati in meno di un anno mezzo. Medie da Simenon, senza essere Simenon. Ovviamente.

Cosa è accaduto?
È accaduto che la lingua italiana e la sua letteratura hanno perso progressivamente peso. Non sono più i tempi di Italo Calvino e di Umberto Eco, chiamati ad Harvard a tenere le Norton Lectures. Non sono più i tempi in cui autori come Antonio Tabucchi e Leonardo Sciascia facevano innamorare dei loro libri mezzo mondo. Non sono più i tempi in cui si sussurrava ogni anno che Attilio Bertolucci o Andrea Zanzotto, o Mario Luzi erano lì per vedersi assegnato il premio Nobel per la letteratura (e Dario Fo lo vinceva). Quei tempi sono finiti all’incirca all’inizio degli anni Novanta. E proprio alla fine degli anni Novanta la crisi si è accentuata. La colpa, le colpe? Un certo conformismo, il dilagare di una letteratura di stampo giornalistico, se così possiamo chiamarla, che ha preso le vette delle classifiche e ha fagocitato senza speranza tutta la nostra vera tradizione e cultura letteraria. Questo è accaduto. È accaduto che la lingua si è impoverita, che la complessità linguistica ha lasciato il posto a libri che si dovevano vendere e, soprattutto, a quella massa di giallisti che spuntano come funghi e che non possono far altro che studiare delle trame narrative a chiave, in linguaggio semplice, e piuttosto leziose. Ma i gialli vendono, i giornalisti vanno in televisione, e i libri sono sempre più brevi, gonfiati con caratteri larghi e interlinee di stampa generose per farli sembrare più lunghi di quanto in realtà siano davvero.

Le colpe della scuola
Il risultato è una sorta di decadimento culturale che nessuno vuole far notare ma che ha attraversato la cultura italiana (con delle eccezioni, questo è ovvio) e ha colpito moltissimo anche il pubblico. Un pubblico che non sa più leggere. Un paio di giorni fa, e questo è il secondo elemento che volevo mettere in evidenza, è stato pubblicato uno studio OCSE–Pisa sulla lettura in tutto il mondo. In Italia l’indagine ha preso in considerazione un campione di 11 mila quindicenni. Bene, anzi male: siamo agli ultimi posti per comprensione della lettura. Vuol dire che i più giovani non capiscono quello che leggono. È davvero sconfortante, siamo dieci punti sotto la media degli altri Paesi del mondo. C’è un nesso tra difficoltà di comprensione nella lettura, e progressiva semplificazione della lingua e della letteratura? Sì, non c’è dubbio. L’inchiesta di «El Pais» e i dati OCSE-Pisa non dovrebbero essere ignorati. Come interrompere questa tendenza che ci impoverisce tutti?

I magnifici cento dell'ultimo ventennio

Ma chi sono gli autori che gli esperti di «El Pais» laureano tra i migliori pubblicati in questi 20 anni. Forse nell’elenco spiccano più di quanto si dovrebbe i titoli in lingua spagnola. Ma è comunque interessante andare rapidamente a curiosare. C’è Roberto Bolano con 2666, poi W.G.Sebald con Austerlitz, Anne Carson, Mario Vargas Llosa, Ian McEwan con Espiazione, Limonov di Emmanuel Carrère. Segue lo scrittore spagnolo per eccellenza: Javier Marias. E il libro su Borges di Adolfo Bioy Casares. Poi c’è Coetzee. E Zadie Smith. E l’ucraina Svetlana Aleksiévich. E Kazuo Ishiguro, Alice Munro, Annie Ernaux, Haruki Murakami, Jonathan Franzen, Philip Roth, J.M. Coetzee, Richard Ford, Michel Houellebecq, David Foster Wallace, Joyce Carol Oates, Herta Müller, Zadie Smith, Martin Amis, Cormac McCarthy. Persino alcuni saggisti come Pinketty e Naomi Klein.