L'incerto mestiere dei Windsor

Alla fine di un altro anno tempestoso per i Windsor, con la torbida vicenda di fratello Andrea e l’abituale controcanto stonato della coppia di “esuli” americani, difficile non condividere un po’ del compatimento manifestato da Humphrey Ker, attore ed ex compagno di scuola del principe William. «Un po’ mi dispiace per loro. È quella faccenda della gabbia dorata. Beh, mi sembra così triste … Prendete Carlo. Penso che sarebbe stato davvero felice di occuparsi di qualche eco-business laggiù nella sua casa nel Gloucestershire, semplicemente godendosi la vita con Camilla e il cane». Ker è in buona posizione per avere un’idea della famiglia Windsor, visto che è anche lui un membro dell’upper class, alunno delle più prestigiose public schools, ed è proprio lì, prima a Ludgrove e poi a Eton – collegi super-esclusivi dei «ricchi e famosi» - che è stato compagno di scuola del futuro re William. E lui, ricorda Ker, tutto voleva fare tranne che il monarca. «Quando avevo sette anni, il maestro in classe ci chiese di scrivere poche frasi su quello che ci sarebbe piaciuto diventare da grandi. Era solo per insegnarci a costruire i paragrafi, ma noi ragazzini cominciammo a fare il giro dei banchi leggendo ad alta voce i desideri di tutti. Chi voleva fare il pilota da caccia, chi il bomber dell’Arsenal, chi questo e chi quello, insomma le solite cose». Poi arrivò il turno del compagno di dormitorio di Ker, un bimbo biondo e roseo, dal comportamento irreprensibile come un piccolo lord Fauntleroy. «Si chiamava William, e aveva scritto: “Voglio diventare un poliziotto”. E tutti scoppiammo a ridere, perché naturalmente non sarebbe mai diventato un poliziotto. Sapevamo tutti che cosa ne sarebbe stato della sua vita. Era destinato a essere re». Si può immaginare niente di peggio? Sapere sin dall’infanzia che la tua esistenza, per quanto dorata – la famosa «gilded cage» - non sarà comunque mai veramente tua, non frutto delle tue scelte e ambizioni ma già decisa dal destino? Diciamo la verità, lusso, privilegio, deferenza aiutano molto ad adattarsi, e William ne è un buon esempio. Il bambino irreprensibile è diventato un uomo e un principe consapevole delle sue responsabilità, impegnato a costruire una società migliore se non come poliziotto almeno come sovrano... Ma non dev’essere stato facile. «Anche se ero piccolo, mi dispiaceva per quei due ragazzini», ricorda ancora Ker. «Era il periodo in cui Diana era ogni giorno in prima pagina, tutti sapevano quello che succedeva, per loro doveva essere terribile. William era molto dolce e sensibile. Harry dava fuori di matto. Divertentissimo ma abituato a comportarsi molto, molto male». Se invece che cadetto, fosse stato lui l’erede ci sarebbe da dubitare del futuro della monarchia, soprattutto oggi che l’antico amore degli inglesi per il trono sembra spegnersi ogni giorno che passa. Tutti sanno in Inghilterra che Norman Baker, ex deputato liberal-democratico, è un repubblicano di ferro. Però è stato anche membro del Privy Council, il consiglio di saggi che affianca la Corona, e conosce dall’interno i meccanismi del trono. Quando dice, nel suo ultimo dettagliato atto d’accusa, che «altre monarchie si sono evolute e modernizzate, la nostra non lo ha fatto», sa di che cosa parla. Di soldi, soprattutto. Nonostante Carlo abbia «snellito» la famiglia reale, il finanziamento annuo ai Windsor tocca ormai la vetta di 132 milioni di sterline. Ma con gli annessi e connessi – spese di polizia, esenzioni fiscali- si arriva facilmente a 500 milioni. Al confronto, i parenti spagnoli sono degli straccioni, con una «paghetta» di appena 7,4 milioni all’anno. E la distanza resta siderale anche con le monarchie del Nord-Europa: i reali olandesi «si accontentano» di 46 milioni, i norvegesi 24, belgi, svedesi e olandesi tutti tra i 12 e i 10 milioni. «Abbiamo l’ultima monarchia imperiale», lamenta Baker, «con una mentalità e un senso di diritto poco diversi da quelli mostrati dai loro parenti come lo zar Nicola di Russia e il kaiser Guglielmo di Germania più di cento anni fa». Ho l’impressione che a William non basterà farsi dare del tu e bere birra coi sudditi, come già fa, per superare la marea montante del disincanto. E forse pure il sorriso smagliante della consorte Catherine e la sua reputazione di ottima madre non saranno sufficienti a riguadagnare la popolarità perduta. Gli spin doctors della Corona dovranno inventarsi alla svelta una ragione per convincere i sudditi che serve a qualcosa il mezzo miliardo sborsato ogni anno per i Windsor. Sennò c’è il rischio che, dopo William, sia il figlio George a incarnare il suo sogno: diventare poliziotto. Non per scelta ma per campare.

