L'informazione per la civilità

Il titolo del film di Stanley Kubrick «Orizzonti di gloria» certamente non si adatta ai tempi che attraversiamo. Quella gloria nel romanzo e nel film era illusoria poiché aveva come scenario la guerra. Assistiamo a tragedie che essendo distanti dal centro dell’Europa sembrano estranee. I conflitti che sconvolgono dovrebbero svegliare la ragione, che sta dormendo. Come illustra bene Goya nella sua celebre incisione, il sonno della ragione genera mostri. Tanti sono svegli però sul fronte del profitto. L’affastellarsi di eventi anestetizza quello che accade, come la criminalità che ha giovani protagonisti in crescita. Una delle principali affermazioni del pensiero liberale è stata la diffusione dell’informazione e della cultura, importanti come il benessere materiale e a questo perfino superiori quando consentano al benessere di essere allargato, diffuso nelle essenziali e sostanziali ragioni della pace sociale. Gli eccessi poi caratterizzano le diverse idee di allargamento o restringimento del benessere, che consiste in primo luogo nella garanzia di una sopravvivenza «alimentare», oltre alle necessità primarie come quella sanitaria e quella dell’istruzione. Non è necessario un riassunto sociologico per rifare la storia dei diritti e dei doveri dei cittadini, ben segnata dai principi liberali elementari che hanno avuto innesti di altre inclinazioni ideologiche, non meno nobili o portanti e importanti, quando non conducano a eccessi nelle pretese a senso unico. Produrre e investire è un dovere, sprecare un delitto. Purtroppo è innegabile che si spreca tanto. Mentre alcune società hanno ancora il dolente confronto quotidiano con il piatto vuoto, altre possono permettersi di gareggiare nella scelta di varianti sulle cure sanitarie o sui piani militari.
Oltre le rivoluzioni - una delle quali fu necessaria per l’avanzamento civile dell’Europa, per il progresso civile, sociale ed economico - c’è stata una conquista spesso sottovalutata, quella dell’alfabetizzazione e successivamente della crescita culturale media, che ha consentito l’elevazione morale degli uomini. Oggi i cittadini di gran parte del mondo hanno gli strumenti per la conoscenza, però, purtroppo, molti la usano male. Senza riferimenti partitici, è bene ricordare che le conquiste sociali più fortunate sono spesso dovute al pensiero liberale, al quale altre forme ideologiche o di ispirazione religiosa hanno dato il loro importante contributo. Questo basta a giustificare le sane amministrazioni di tipo consociativo che permettano a tutte le forme ideologiche di operare fianco a fianco nella gestione del bene pubblico. Non è folklore ricordare che il liberalismo è un mantello ampio sotto il quale possono collocarsi tutti gli spiriti liberi, fautori del dialogo, del confronto, del dubbio, della verifica permanente, lontani da ogni estremismo, da ogni imposizione fideistica. Ma alcuni lo usano male e spesso opportunisticamente. Lo svizzero Vieusseux creò l’«Antologia» proprio per invitare al dialogo e al confronto costruttivi fra parti diverse. Il liberalismo era riuscito ad assimilare anche la parte socialmente più sensibile. Fra le compagini più sensibili all’incontro fra liberalismo e giustizia sociale vi fu un piccolo ma glorioso movimento di cui furono trascinatori proprio uomini di cultura ispirati da uno spirito elevato come quello di Piero Gobetti: era «Giustizia e Libertà», una punta avanzata del pensiero liberale moderno che rappresentò una fioritura laico-democratica di rigore, intransigente sull’impegno dell’onestà e della rettitudine dei cittadini e dello Stato. Gobetti, come altri che avevano ammirato la Svizzera e i suoi valori, appariva intransigente sul laico rispetto delle idee altrui, nell’ottica del raggiungimento dei migliori risultati possibili sulla base del dialogo e non del fuoco aperto da fronti opposti. Un analogo confronto è oggi sul piano dell’informazione e della formazione culturale, dove occorre il più ampio e civile confronto d’opinioni. Un maestro di cultura della comunicazione quale fu Giovanni Spadolini, autore di centinaia di saggi, sottolineava spesso come una società di valori non possa avere separazione dalla cultura, sia questa di base o sia accademica. Soprattutto indicava il pericolo della separazione dal giornalismo di qualità, al quale è affidata la narrazione della realtà; come alle pagine culturali era, e dovrebbe essere, affidata la mediazione fra le fonti e il pubblico. Su altri piani una società disinformata o male informata è come una società ancora affamata o senza precisi diritti di cui godere appieno, dal pasto quotidiano alle pagine della conoscenza.