L'ospite che gioca alla RSI

IL COMMENTO DI FABIO PONTIGGIA
Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
21.02.2017 06:00

di FABIO PONTIGGIA - Domenica sera la RSI ha ospitato negli studi di Comano, per la trasmissione «Il gioco del mondo», in un orario di grande ascolto, l'ex terrorista italiano Maurizio Rotaris. Oggi responsabile di una meritoria struttura per il recupero dei tossicodipendenti (SOS Stazione Centrale a Milano), Rotaris è stato uno dei tanti protagonisti negativi della stagione degli anni di piombo. Fu membro di Prima Linea, la banda armata di Roberto Sandalo, Marco Donat Cattin, Sergio Segio, Susanna Ronconi, Maurice Bignami e tanti altri (con le Brigate Rosse, fu l'organizzazione eversiva più feroce dell'estrema sinistra; tra le sue vittime vi fu il sostituto procuratore di Milano Emilio Alessandrini, freddato nella sua automobile dai piellini il 29 gennaio 1979, davanti a un semaforo).

Rotaris partecipò attivamente ad alcune azioni terroristiche minori, ma si occupò soprattutto dell'organizzazione e della pianificazione degli agguati criminali di Prima Linea. Venne per questo condannato in via definitiva dalla giustizia italiana e passò alcuni anni nel carcere di massima sicurezza di Badu 'e Carros, in Sardegna, presso Nuoro. Poi il distacco dall'eversione terroristica, il ritorno in libertà, l'impegno sociale.

Perché l'ex membro di Prima Linea era alla RSI, in quella trasmissione? Questa la presentazione e la motivazione dei giornalisti di Comano: «Maurizio Rotaris è responsabile di SOS Stazione Centrale a Milano, una struttura che accoglie e dà speranza e un tetto ai diseredati che hanno perso tutto, ai "barboni". Così li chiama Rotaris, impegnato da 30 anni al fronte. E su questa zona limite dell'umanità – sono ancora parole della RSI – lui ci è arrivato dopo aver vinto l'odio contro se stesso e contro la società, già perché la sua è stata una gioventù bruciata fra tossicodipendenza, lotta politica armata e carcere. Poi, in un penitenziario di massima sicurezza, la scelta di rifiutare il male e l'odio per imboccare, in strada, una nuova strada di luce. Un Gioco del mondo – conclude la presentazione RSI – tutto da vivere fra forti immagini e un assaggio della mitica "Bar Boon Band"» (di cui Rotaris fa parte).

Non è la prima volta che l'ex terrorista viene invitato a Comano. Era già successo poco meno di sei anni fa, e più precisamente nell'aprile del 2011. Allora Rotaris fu intervistato da Maurizio Canetta (oggi direttore regionale della RSI) nella trasmissione «Storie». Ed è questo a suscitare interrogativi, perplessità, disapprovazione. Perché questa familiarità a Comano? Per quale motivo la RSI si è sentita in dovere di riproporre il racconto – unilaterale – della vicenda dell'ex membro di Prima Linea, presentata da lui stesso in un'intervista per niente critica ma, al contrario, compiacente? Forse perché dopo i crimini compiuti negli anni di piombo si è ravveduto e da molti anni svolge un'opera socialmente meritoria? È, la sua, una storia da raccontare quale esempio o lezione per altri o anche solo per indurre una riflessione sulla «scelta di rifiutare il male e l'odio per imboccare, in strada, una nuova strada di luce»? Questo era già stato fatto, seppure con un aggancio diverso, molto più incentrato sul carcere, nella trasmissione del 2011.

Ma poi, e soprattutto, quante persone che fanno del bene senza aver mai fatto del male (e che male) agli altri meritano quello spazio televisivo molto più dell'ex terrorista di Prima Linea? Anche nella nostra realtà, o in quella vicina a noi, ci sono ben altri percorsi, molto più umani, decisamente preferibili e infinitamente più degni di un'intervista nell'ora di punta. Fa difetto, per Rotaris, proprio una ragione forte che possa rendere giornalisticamente plausibile, necessario, giustificato il bis concesso a un ex uomo di Prima Linea quale protagonista solitario sotto i bonari riflettori televisivi del servizio pubblico.

C'è, infine, un punto fondamentale. Nel raccontare la sua storia di violenza e di odio con riferimento agli anni di piombo e a quelli del carcere (non quindi alla fase precedente né a quella successiva), l'ex terrorista si è autodefinito un «prigioniero». No, Rotaris non era un prigioniero, ma un criminale in carcere per gravi reati, dopo la condanna definitiva dei tribunali. Un'intervista non compiacente avrebbe dovuto metterlo alle strette su questa mistificazione, che è tipica degli ex terroristi della sinistra eversiva. Se proprio si vuole raccontare una storia, la si racconti con le parole giuste. E se proprio si vuole giocare, si giochi fino in fondo e non solo fin dove piace o torna comodo restare.