Martella duro, compagno Tafazzi

Ducry, brillante primo eletto lo scorso aprile sulla lista socialista per il Gran Consiglio, ma poi fonte di divisioni e travasi di bile tra i compagni
Bruno Costantini
12.03.2016 05:05

di BRUNO COSTANTINI - C'è un neologismo ormai entrato nella lingua italiana che forse può spiegare certi tormenti del socialismo nostrano: tafazzismo. Chiarisce il dizionario Garzanti a proposito di questo termine: «Nel linguaggio giornalistico, tendenza a sottoporsi in modo masochistico a sofferenze e umiliazioni. Etimologia: dal nome del personaggio televisivo Giacomo Tafazzi (1995), interpretato dal comico Giacomo Porretti (1956), che si percuoteva i genitali con una bottiglia di plastica vuota». I nostri compagni sono addirittura riusciti a perfezionare il doloroso percorso verso le magnifiche sorti e progressive della sinistra: al posto della bottiglia di plastica vuota usano il martello. Più efficace, più sicuro nell'esito.

Quanto sta accadendo a Lugano nella lista unica della piattaforma PS, Verdi, PC e POP non sorprende più di tanto. La scelta dei socialisti di mettere in corsa per il Municipio, accanto all'uscente capolista Cristina Zanini Barzaghi, il focoso parlamentare Jacques Ducry, oggi indipendente dopo una vita trascorsa nel PLR (ala rigorosamente radicale), ha una sua logica: mobilitare l'elettorato e pescare voti in un'area più ampia, sognando il raddoppio nell'Esecutivo cittadino, vagheggiando la nascita di un nuovo raggruppamento progressista da esportare sul piano cantonale (eredità dei quattro gatti di Incontro democratico?) ed evitando al partito di ritrovarsi ai margini, come tre anni fa, della contesa elettorale. Sin dall'inizio abbiamo scritto che la mossa dei socialisti è uno dei pochi elementi d'interesse della finora moscia campagna elettorale luganese per le comunali del prossimo 10 aprile.

Bisogna però essere capaci di gestire queste operazioni di competizione interna, nelle quali, oltre le parole di facciata, è ovvio che si corra per vincere e non per portare l'acqua e che vi siano sempre lotte di potere tra persone o tra fazioni. Se la cosa sfugge di mano, il risultato può diventare devastante, soprattutto con personalità forti e per certi versi ingombranti come Ducry, brillante primo eletto lo scorso aprile sulla lista socialista per il Gran Consiglio, ma poi fonte di divisioni e travasi di bile tra i compagni nell'ipotesi di una sua candidatura federale al Consiglio degli Stati.

La faccenda a Lugano è puntualmente sfuggita di mano. Una maldestra lettera del presidente sezionale Raoul Ghisletta (altro compagno focoso e piuttosto spregiudicato), nella quale s'invita a raddoppiare Zanini Barzaghi (cosa tecnicamente impossibile per le elezioni comunali, ma concettualmente molto chiara), ha scatenato l'ira funesta dell'indipendente Ducry, che a sua volta, giovedì sera dal sito web della «Regione», ha liquidato brutalmente la municipale uscente come incapace di trainare la lista, accusandola inoltre di non ben definiti ammiccamenti. L'attacco è un po' troppo facile (Piero Chiara avrebbe usato un'immagine assai più suggestiva, ma poco urbana): Zanini Barzaghi sa di non essere un vero e proprio animale politico come il suo avversario di lista, ma saranno gli elettori a giudicare il suo lavoro concreto. E a premiare o punire un partito che, al di là di suoi esponenti, anche di lungo corso, capaci e oggi sbigottiti di fronte agli eventi, sulle rive del Ceresio ha già una certa esperienza di frittate elettorali. Come quella del 2013, con la rottamazione della candidatura dell'ex consigliera di Stato Patrizia Pesenti per la corsa al Municipio, che avrebbe potuto inserirsi nella polarizzazione dello scontro tra PLR e Lega e bloccare l'erosione dei consensi.

Fosse stata gestita diversamente quella vicenda, forse ora il PS luganese sarebbe in altre acque. Oggi persone e circostanze sono molto diverse da allora, tuttavia la strategia palesatasi in questi giorni, se le parole hanno ancora un significato, appare altrettanto squinternata.
Per il neopresidente cantonale del PS Igor Righini il primo test elettorale non sarà dunque dei più semplici, in particolare nei centri. A Locarno nel mirino c'è il municipale Ronnie Moretti per la vicenda dell'istituto per anziani San Carlo, mentre a Chiasso l'uscente Patrizia Pintus deve vedersela con una dura opposizione interna che l'accusa di essere lo zerbino autocompiaciuto della leghista Roberta Pantani.

Se poi a Lugano dovesse verificarsi il superamento delle vecchie categorie storiche di riformismo e massimalismo, a favore del tafazzismo, forse qualche idea potrebbe venire alla dirigenza locale e cantonale del partito. Per esempio quella di abbandonare il martello e tornare alla meno invalidante bottiglia di plastica vuota.

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