Il commento

Matteo Salvini non si è fermato a Eboli

Il commento di Robi Ronza
(Foto Keystone)
Robi Ronza
Robi Ronza
26.03.2019 06:00

Con le votazioni dell’altro ieri, domenica, anche la Basilicata, dove da 24 anni governava il centrosinistra, è passata in Italia al centrodestra. Con il 42,2% dei voti diventa presidente della Regione il suo candidato Vito Bardi, ex generale della Guardia di Finanza. Carlo Trerotola, candidato del centrosinistra, ha raccolto il 33,1% dei consensi, e soltanto il 20,3% Antonio Mattia, candidato di quel Movimento 5 Stelle che alle votazioni nazionali del 4 marzo scorso aveva il 44% dei consensi. Come già in Abruzzo e in Sardegna anche in Basilicata nell’arco di un anno il voto grillino si è più che dimezzato.

Con la Basilicata sono sei le Regioni perse dal centrosinistra dopo le votazioni nazionali del 4 marzo dell’anno scorso da cui il centrosinistra uscì sconfitto: le altre sono il Molise, il Friuli-Venezia Giulia, la Provincia autonoma di Trento (che di fatto è una Regione), l’Abruzzo e la Sardegna. Nelle votazioni regionali il centrosinistra – il cui partito principale è il Partito democratico (PD) già di Matteo Renzi, ma oggi di Nicola Zingaretti – continua a perdere. Paradossalmente a vincere non è tuttavia la coalizione, fondata sulla sorprendente alleanza tra i 5 Stelle di Luigi Di Maio e la Lega di Matteo Salvini, che a Roma l’ha sostituito al Governo. Benché infatti alleati a Roma, nelle Regioni i due partiti si schierano l’uno contro l’altro. Il Movimento 5 Stelle si presenta da solo; la Lega invece sta a capo di una coalizione di centrodestra cui partecipano pure quel che resta di Forza Italia di Silvio Berlusconi, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e altri partiti minori. Giustificata non solo da ragioni soggettive ma anche dall’obiettiva complessità geo-economica e geo-sociale dell’Italia, la politica italiana è spesso difficile da decifrare. Forse mai lo è stata come oggi. Però funziona e, per strano che ciò possa sembrare, ben pochi elettori se ne sorprendono e se ne scandalizzano.

La Basilicata, dove si è votato domenica, è una regione vasta ma poco popolata: su una superficie pari a quasi la metà di quella della Lombardia risiedono soltanto 567 mila persone, meno degli abitanti della provincia di Como. Il suo nome ufficiale odierno ricorda che fu uno degli ultimi possedimenti in Italia del basileus, l’imperatore bizantino. In epoca fascista – quando, ancora nota col nome latino di Lucania, era un lembo particolarmente discosto e desolato dell’estremo Mezzogiorno – venne spesso scelta dalla dittatura come luogo di confino di oppositori del regime. Tra questi Carlo Levi che nel suo famoso libro Cristo si è fermato a Eboli la descrisse come un mondo a sé, remoto dalla modernità. Oggi è sulla via di un certo sviluppo pur non privo di contraddizioni.

È in territorio lucano, a Melfi, la più grande fabbrica della FCA, già Fiat, rimasta in Italia. Dalla regione proviene poi il 70,6% del poco petrolio italiano e il 14% del poco gas. Briciole in valore assoluto ma molto in valore relativo tenuto conto delle modeste dimensioni dell’economia lucana. Da quando nel 2004 venne scelto da Mel Gibson quale luogo delle riprese del celebre film The Passion, il centro storico, attentamente restaurato, della città di Matera è poi divenuto un polo di attrazione di turismo culturale di rilievo internazionale. Finora tuttavia la Basilicata non riesce ad avvalersi adeguatamente di tutte queste risorse. La Regione resta ancora scarsamente sviluppata e l’esodo dei suoi giovani non si ferma.

Finora i Governi regionali non sono riusciti a rompere il cerchio del sottosviluppo. L’ultimo Governo di centrosinistra è caduto travolto da scandali che hanno portato all’arresto del suo presidente. Non resta ora che augurarsi che Vito Bardi, dall’altro ieri nuovo presidente della Basilicata, sappia fare meglio di chi lo ha preceduto. Accettando come candidato presidente Bardi, gradito e scelto da Berlusconi, Salvini ha ancora una volta giocato l’abile carta che con successo aveva già messo sul tavolo nelle precedenti votazioni regionali: quella che consiste nel vincere senza però portare alla presidenza uno dei suoi. È un’astuta mossa con cui Salvini ottiene in un colpo due risultati: da un lato quello di accontentare Forza Italia e Fratelli d’Italia, alleati in sede regionale ma a Roma inchiodati in un’ardua e ingrata opposizione, e dall’altro quello di ridurre al massimo l’umiliazione dei 5 Stelle, con cui la Lega governa a Roma. L’importante per lui è che il gioco possa durare fino alle votazioni del prossimo fine maggio per il rinnovo del Parlamento europeo. Poi si vedrà.