Mondo frenato e tenuta rossocrociata

L'EDITORIALE DI LINO TERLIZZI
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
30.11.2018 06:00

di LINO TERLIZZI - Le cifre sull'economia elvetica nel terzo trimestre di quest'anno vanno prese con realismo ed equilibrio. Il meno 0,2% rispetto al trimestre precedente, reso noto dalla Segreteria di Stato dell'economia (SECO), è un segnale da non ignorare, ma non è una catastrofe. La crescita in rapporto al terzo trimestre dell'anno scorso mantiene il segno positivo ed è del 2,4%, ancora di buon livello. C'è un rallentamento, ma questo era in parte previsto ed è conseguenza soprattutto del quadro economico internazionale. È in particolare sullo scenario mondiale che vanno accesi i riflettori, perché è da lì che può venire un più o meno marcato ulteriore rallentamento nella prossima fase. L'economia svizzera dal canto suo ha tenuto meglio di molte altre in questi anni e continua a difendersi bene, nei limiti del possibile.

Secondo il Fondo monetario internazionale, il Prodotto interno lordo reale elvetico è cresciuto in media annua ininterrottamente negli ultimi otto anni, con un massimo del +2,9% nel 2010 e un minimo del +1% nel 2012; nel 2017 c'è stato un +1,7% e per il 2018 l'FMI ha previsto in ottobre un +3%. La SECO ha previsto in settembre una crescita del 2,9% per quest'anno. La Banca nazionale svizzera ha previsto, sempre in settembre, un +2,5%-3%. Vedremo se queste previsioni alla fine saranno azzeccate, ma è difficile pensare a un crollo della crescita annua. L'interruzione della crescita svizzera su base trimestrale va tenuta in considerazione, ma da sola non è tale da mutare radicalmente il quadro.


Alcune ombre compaiono guardando appunto allo scenario internazionale. L'FMI ha ridotto le previsioni sulla crescita mondiale dal 3,9% al 3,7%, sia per il 2018 che per il 2019. Eurostat ha indicato un rallentamento della crescita per l'Unione europea a 28 nel terzo trimestre: +0,3% contro il +0,5% dei tre mesi precedenti, +1,9% contro +2,1% su base annuale. La Germania ha registrato un meno 0,2% su base trimestrale (con un +1,2% su base annuale), a causa in particolare del settore auto colpito dalle turbolenze nel segmento diesel. Al di là di ragioni particolari ai livelli nazionali, più in generale sono chiare le cause del rallentamento internazionale: in parte giunge naturalmente al termine la fase precedente di accelerazione; in parte ci sono più ostacoli del previsto, in un'area a cavallo tra politica ed economia. Se questi ostacoli si ampliassero, tutti ne risentirebbero. Anche gli USA che sono andati bene ma che pure potrebbero registrare alcuni colpi di freno.

Le questioni aperte sono molte, ma sono soprattutto tre a occupare la scena e a creare timori: la guerra dei dazi voluta dal presidente USA Donald Trump, che ha come bersaglio la Cina ma anche altri Paesi ed aree economiche; la Brexit, cioè l'uscita del Regno Unito dall'UE, che è di per sé portatrice di problemi economici e il cui percorso può diventare più o meno tortuoso a seconda delle soluzioni che saranno adottate da Londra e da Bruxelles; lo scontro tra l'UE e l'Italia, Paese che è tra i fondatori dell'Unione europea e dell'Eurozona e che ha ora un Governo che sostiene un programma economico in contrasto con le regole dell'una e dell'altra, in particolare sul versante di deficit e debito pubblico, incrementando così un conflitto che per ora non è stato ancora superato.

Dall'accentuarsi o meno delle tensioni attorno a questi tre nodi, che già ora si fanno sentire, dipenderà una parte non piccola del possibile rallentamento economico nella prossima fase. Anche la Svizzera, Paese che guadagna circa un franco su due grazie agli scambi economici con l'estero, non potrà non risentire dell'eventuale aumento delle incertezze collegate a questi nodi. Oltre ad un possibile rallentamento nella dinamica degli scambi mondiali, c'è per la Svizzera ovviamente anche il rischio legato al fattore franco. Meglio sempre avere una moneta forte che non una moneta debole, ma si sa che quando le incertezze politiche ed economiche crescono di molto, il franco tende a diventare troppo forte e a creare qualche ostacolo in più per l'export elvetico.

I giochi sono in gran parte fatti per la crescita economica nel 2018, gli interrogativi maggiori ora riguardano il 2019. Nessuno è privo di problemi, ma la Svizzera ha tenuto nel complesso bene sia sul versante delle industrie e dei commerci sia su quello della piazza finanziaria, nonostante le difficoltà che quest'ultima soprattutto ha dovuto affrontare in anni recenti. La gran parte delle imprese si è messa in trincea e ha reagito bene alle impennate del franco, la disoccupazione è tra le più basse a livello internazionale, i conti pubblici sono in ordine, la stabilità politica e sociale rimane una delle virtù elvetiche. Non sarebbe male, anche per l'economia svizzera, avere minori tensioni politico-economiche nel mondo.