L’editoriale

Ne avremmo fatto volentieri a meno

Leggi l’editoriale del vicedirettore Gianni Righinetti - Dalla mascherina in prima elementare, alle manifestazioni di piazza passando dai selvaggi festeggiamenti di Adelboden
Foto di altri tempi? No, di sabato 9 gennaio 2022. © KEYSTONE/Jean-Christophe Bott
Gianni Righinetti
10.01.2022 06:00

Ne avremmo fatto volentieri a meno. Una frase semplice, lineare, spontanea, non polemica e neppure (presa a sé stante) partigiana. È la prima affermazione che ci è passata per la testa in questo brevissimo scorcio d’inizio anno che ci mostra situazioni sostanzialmente già vissute. I nostri occhi sono quotidianamente rivolti alla curva dei contagi a quella delle ospedalizzazioni, ma anche alle mascherine: a chi la porta (rispettando sé stesso e gli altri) e chi non la indossa (o la mette «male») mostrandosi così strafottente su tutto e nei confronti di tutti. Le nostre orecchie restano tese per carpire i consigli della scienza (universalmente uguali e oggettivi) e le valutazioni degli esperti, che assumono spesso carattere soggettivo generando confusione e smarrimento. Siamo stufi ma non possiamo mollare proprio ora. Ecco perché nell’era dell’impazienza, dell’insofferenza e della rabbia, occorrerebbe che a prevalere siano pazienza e tolleranza. L’esasperazione non sarà di certo la ricetta azzeccata per uscire dalla pandemia. L’ultima parola che abbiamo imparato a conoscere è Omicron, il nome della nuova variante, la più appiccicosa di tutte quelle che sono entrate nella nostra vita senza neppure bussare alla porta dai primi mesi del 2020.

Da oggi ci lasciamo alle spalle le vacanze scolastiche e ci apprestiamo ad affrontare un periodo che ha l’aria di essere complicato. Il virus costringe molte persone attive sulla panchina dei penalizzati a scontare un periodo di stop, lontano dal proprio posto di lavoro, per i tanti servizi che non si possono garantire con il telelavoro. Una situazione che non è esente da effetti pratici che tasteremo con mano quando ci troveremo confrontati con alcuni servizi essenziali sottoposti ad una variante del lockdown: non palese e devastante come quella originale, ma altrettanto insidiosa per noi e per la nostra economia. Le discussioni sull’utilità e le possibili alternative per evitare la problematica quarantena sono già iniziate. Una risposta convincente ancora non c’è, ma indubbiamente, con il contact tracing sommerso e in perenne ritardo, la quarantena preventiva perde parte del suo senso.

Il week end alle spalle ci ha mostrato almeno due situazioni che, per contro, hanno davvero poco senso. Da una parte sono tornate ad animarsi le piazze, anche a Bellinzona davanti alla sede del Governo. Non c’erano più i sedicenti Amici della Costituzione, movimento di protesta imploso dopo le due cocenti sconfitte sulla Legge Covid-19, ma c’erano mamme, papà e bimbi uniti dallo slogan «giù le mani dai bambini» (frase sproporzionata che mette i brividi e che non è di certo adeguata alla situazione contestata). Sotto tiro c’è l’obbligo della mascherina che scatta oggi a partire dalla prima elementare. Sia ben chiaro, nessuno fa salti di gioia, ne avremmo fatto volentieri a meno, ma i dati non mentono: i ragazzi si infettano e infettano. Meglio la mascherina protettiva o uno stop a valanga di classi con ragazzini costretti a casa? Manifestanti che, come al solito, non hanno brillato per coerenza: i bambini sono stati il pretesto per contestazioni di adulti già viste: tutti rigorosamente senza mascherina. Ma c’è ancora un «ne avremmo fatto volentieri a meno» e per questa situazione richiamiamo i grandi eventi. Nella fattispecie la kermesse sciistica andata in scena ad Adelboden con oltre 12.000 tifosi rossocrociati «smascherati» accalcati sulle tribune all’arrivo, urlanti e letteralmente impazziti per le gesta di Marco Odermatt. Tra ironia e realismo il più lucido è stato lo sciatore austriaco Manuel Feller, piazzatosi secondo dietro Odermatt: «Gli svizzeri hanno in questa pandemia un approccio leggermente diverso. Cercano di infettare tutti nel corso di un fine settimana». Dura e cruda realtà. Ne avremmo fatto volentieri a meno.

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