Nervi tesi ad alta quota

di PARIDE PELLI - Lo schianto dell'Airbus A320 sulle Alpi francesi ha scosso l'opinione pubblica come nessun altro disastro aereo degli ultimi anni. Sono trascorse tre settimane dall'agghiacciante vicenda, ma la psicosi generata dal gesto suicida del copilota della Germanwings non si è ancora placata. Molti viaggiatori, da quel 24 marzo, siedono al loro posto col pensiero che potrebbe toccare pure a loro una simile sorte folle e incomprensibile. Nei giorni successivi al crash si sono susseguite notizie di atterraggi d'emergenza, di attacchi di panico a bordo, di piloti che hanno abbandonato il protocollo lasciandosi andare a comunicazioni confidenziali e rassicuranti. «Anche io ho una famiglia, farò di tutto per tornare dai miei bambini» ha annunciato un comandante della linea low cost tedesca prima di un normale decollo. Chi scrive ha potuto constatare come il nervosismo tra i passeggeri fosse palpabile ancora pochi giorni orsono. Una hostess che controllava le carte d'imbarco allo scalo di Malpensa ha riservato un sorridente «Auguri» a ogni singolo passeggero: si riferiva alla Pasqua, ma ha finito per creare malintesi e mugugni beccandosi della portaiella. Sulla scaletta anteriore, poi, in molti si sono sporti per osservare il volto dei piloti seduti nel cockpit, commentandone espressione e affidabilità.
Durante il volo, non bastasse, è stato ricordato dall'equipaggio che ci si trovava a bordo di un Airbus A319: notizia accolta con sollievo da una donna, come se tutti i modelli A320 fossero ormai destinati ad una tragica fine. Per non parlare dell'applauso una volta raggiunta la destinazione: fermo restando che l'abitudine, peraltro consolidata, è un malvezzo – un applauso lo si riserva a chi ha svolto il proprio compito dimostrando particolare bravura, per esempio a un pilota che effettua con successo una manovra d'emergenza – in questa occasione l'encomio è stato addirittura scrosciante, liberatorio, pieno di ansia e gratitudine. Il «New Yorker» ha proprio visto giusto pubblicando una vignetta in cui un pilota con il cappello in mano raccoglie offerte dai passeggeri che scendono, incolumi, dall'aereo: «Ehi amico, qualcosa per l'atterraggio?». Battuta sarcastica, è vero, ma ormai la paura è compresa nel biglietto e toccare terra, nella testa dei più, merita davvero una tariffa supplementare.