Ognuno ha «il suo Vasco», vi racconto il mio

Sono trascorsi tredici anni e mezzo dall’ultima volta di Vasco in Ticino. Era il 9 luglio 2008 e lui era il grande nome di Moon&Stars. È stato il mio primissimo concerto di Vasco. Avevo 18 anni e quello mi sembrava il regalo più bello che avessi mai ricevuto. La piazza piena, lui sul palco a pochi metri da me, a «casa mia», il caldo, le amicizie, il primo amore, le canzoni urlate a squarciagola. Un sogno. Oggi di anni ne ho 31 (25 percepiti), è il 7 febbraio 2022 e Vasco compie settant’anni. E quindi: buon compleanno caro Vasco!
È difficile scrivere un omaggio al rocker d’Italia quando per tutta la vita è stato il tuo idolo. Sai di non essere obiettiva e pensi che agli altri non importi nulla dei tuoi farneticamenti da #BimbaDiVasco. Ma visto che settant’anni si compiono una volta sola, perché no?
Vasco è passione. È quello che ti fa urlare «voglio una vita spericolata» in compagnia di migliaia di persone che neppure conosci. Vasco unisce. Riempie palazzetti e stadi, aggiunge date extra per fare felice il suo popolo, parla a tutti attraversando le generazioni. E divide, anche. Per i suoi eccessi del passato, per i suoi «e...» poco apprezzati da chi pensa solo alle doti canore. Checché se ne dica, però, resta un fenomeno. Che all’alba dei 70 anni (e, sì, lo so che Gianni Morandi di anni ne ha 77, ma sono cose diverse) ha pubblicato un nuovo album, «Siamo qui», in attesa di tornare a cantare dopo la pandemia con il suo Vasco Non Stop Live 2022. E insieme a lui, anche quest’anno, ci saranno tre generazioni. Dai boomer alla generazione Z. Liberi, finalmente, dopo un periodo difficile. Con quel «Siamo solo noi» a salire alto nel cielo. Tra ribellione e romanticismo.
Se ti chiami Jenny, va da sé. Non puoi non partire da «Jenny è pazza». «Jenny» – che aveva quale lato B «Silvia» - è il primo 45 giri tratto dal primo album, «...ma cosa vuoi che sia una canzone...». Era il 1977. È stato Vasco, quest’estate, a raccontarne la storia su Instagram, in occasione dell’uscita del terzo volume del fumetto Dylan Dog ispirato alle sue canzoni: «Jenny, che già dal nome mi sembrava perfetta per ispirare il personaggio, l’ho scritta prima di cominciare a fare questo mestiere, diciamo che è una “prova d’autore” che ho promosso a canzone. È una donna giovane, soffre, per la società non è “utile” e quindi va allontanata. Nella canzone parlo di una donna, ma in realtà Jenny sono io in preda al mio “diciannovesimo esaurimento nervoso”, quello che mia zia avrebbe curato a suon di bastonate. Allora si diceva esaurimento, oggi si direbbe depressione. lo ne sono sempre uscito, e ne esco, grazie alla musica, grazie ai concerti, per me il motivo per esistere e resistere...».
Già una settimana fa Vasco aveva affidato ai social (che gli consentono di sentirsi vicino al suo pubblico) un messaggio, in vista di questo importante giorno: «Sono 70 volte che la terra mi fa girare intorno al sole e... la testa non mi gira ancora». La testa che gira è quella dei suoi fan, che si ritrovano nelle parole delle sue canzoni. Da quelle più rockettare a quelle più dolci. Come «Vivere» le cui parole non potrebbero esprimere meglio alcuni momenti che tutti vivono: «Oggi non ho tempo, oggi voglio stare spento». E ancora «Gli Angeli», «Siamo soli», «Ogni volta», «Anima fragile». Ci vorrebbe un’intera giornata per elencarle tutte e sembrerebbe comunque di avergli fatto un torto nel dimenticarne qualcuna.
E allora, nel suo 70. compleanno, una scelta va fatta. Perché potrei scrivere per ore e per giorni di Vasco e di come è entrato a far parte della mia vita, sin da bambina, per poi accompagnarmi letteralmente in ogni momento. Decido quindi di condividere con voi solo due ricordi. Uno più personale e l’altro molto più globale.
Aprile 2010. Vasco Europe indoor. PalaOlimpico di Torino. Sono al lavoro (in un programma occupazionale) quando una collega mi dice «Un amico ha i biglietti per il concerto di Vasco di stasera, andiamo?». Non me lo faccio ripetere due volte. Mi ritrovo in auto con lei, il suo amico al volante e un altro ragazzo. Si presenta: «Mi chiamo Corrado, ma per gli amici sono Mondo». Cantiamo tutti insieme da Lugano a Torino, senza sosta. Lui ci racconta dei millemila concerti a cui ha assistito, è anche stato sul palco prima di un live. È davvero il fan più assurdo che io abbia mai incontrato. Una volta dentro, la folla è impressionante (e le date, solo a Torino, sono ben otto). Arriva Vasco ed è un’esplosione di gioia, cori e voci che cantano all’unisono. A un certo punto il medley. Vasco prende la chitarra, appoggia un piede sulla sedia, e parte. Corrado mi prende per mano, cammina in mezzo alla gente e mi porta dritta sotto al palco. Ero lì, davanti al mio idolo che cantava guardandomi negli occhi (o, meglio, così mi sono sentita insieme a tantissimi altri). Poi si è seduto sul bordo del palco, si è acceso una sigaretta, e ha continuato a cantare insieme ai suoi VasConvolti. Un momento «intimo» che non dimenticherò mai. Un regalo unico da un ragazzo che non conoscevo e che dodici mesi dopo ha perso assurdamente la vita nell’attentato di Marrakech. Un anno dopo, durante «Vasco live Kom 011», nella folla è comparso uno striscione bianco con scritti in nero i nomi «Mondo-Kiki-André-Nena» e in rosso «In ricordo». Un’immagine che compare anche nel libretto dei testi dell’album. Quindi oggi, nel 70. compleanno di Vasco, un pensiero va anche a Mondo: «E tu, chissà dove sei, anima fragile».
1. luglio 2017. Modena Park. Non è un concerto, è uno spettacolo. Quarant’anni di carriera, il suo 781. concerto, una festa unica. Una folla immensa. Tre ore e mezza di brani senza tempo, introdotti dalla colonna sonora di «2001: Odissea nello spazio». Vasco che da una gigantesca navicella spaziale si gode il suo popolo, il popolo del Blasco, «i più belli, i migliori». Lui canta «qui si fa la storia» e noi ne siamo pienamente consapevoli. «Sì, stupendo». È un «rock sotto l’assedio» intermezzato da note dolci. Oltre 225.000 persone, record mondiale di spettatori paganti in un concerto solista. «La scaletta perfetta», da «Colpa d’Alfredo» all’immancabile «Albachiara» con i fuochi d’artificio.
Chi lo dice che la musica non ti cambia l’esistenza? Da quando ti senti dire «e smettila di piangere» disperata per i primi amori adolescenziali, a «senti che fuori piove, senti che bel rumore», passando per la vita che «è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia». Viva la vita spericolata di Vasco, e buon compleanno. A te che da sempre ci fai sentire «liberi liberi».