Papa Francesco e la forza dell'amore

Papa Francesco.
Marcello Foa
26.01.2016 06:00

di MARCELLO FOA- È davvero bello il libro che Papa Francesco ha scritto con Andrea Tornielli, «Il nome di Dio è Misericordia», edito da Piemme. È breve (poco più di 100 pagine), chiarissimo, semplice nella formulazione eppure al contempo è profondo, contemplativo e, soprattutto, rivelatore.

Rivelatore, perché permette di capire chi sia il Santo Padre oltre il prisma dei media, dunque chi sia l'Uomo Francesco prima ancora del Papa, nella consapevolezza che questo Papa è così perché è quell'Uomo. E non è un gioco di parole. Non è facile rimanere fedeli a se stessi quando si è chiamati a un compito tanto alto e in tempi difficili per la Chiesa e per la nostra società. Eppure Bergoglio dimostra in queste pagine che quasi tre anni di papato, a tratti molto difficile, non lo hanno cambiato. Anzi, leggendole, si ha l'impressione che l'esperienza vissuta lo abbia rafforzato non solo nelle sue convinzioni ma in quella che ritiene essere la propria missione e che è strettamente legata alla sua esperienza di vita. C'è un filo conduttore che lega il Papa, al Cardinale, al Vescovo, all'Uomo Bergoglio e si chiama autenticità.

Francesco è un Pontefice che non indossa mai la maschera. Quando incontra i carcerati pensa che le loro cadute avrebbero potuto essere le sue e non si sente migliore di loro. È il Vescovo che tratta tutti allo stesso modo, ricchi e poveri, fedeli e infedeli, e che quasi si commuove ricordando quando in Argentina una prostituta venne in parrocchia e chiese insistentemente di lui. Sorpreso, la ricevette, pensando che volesse ringraziarlo per il pacco natalizio dalla Caritas e invece lei gli disse: «Sono venuta qui a ringraziarla perché lei in questi anni non ha mai smesso di chiamarmi Signora».

E ora è il Pontefice che, nelle riflessioni raccolte con straordinaria delicatezza da Tornielli, spiega «cosa sia la Chiesa e cosa non debba mai essere» e dunque disapprova l'ipocrisia dei sacerdoti con il dito alzato, che impongono pesanti fardelli sulle spalle della gente ma non su se stessi, che cercano le lusinghe della ribalta e adorano esser chiamati Maestri pur predicando la compassione e che pretendono l'adesione formale e ottusa alle regole.

Eppure non c'è una sola riga di moralismo in tutto il libro, perché Francesco è un Papa che non giudica e men che meno condanna. La misericordia assume un significato ben preciso, tanto essenziale quanto potente: significa aprirsi a un Dio che non pretende la perfezione dall'uomo ma che, al contrario, conosce i suoi peccati, le sue debolezze e le sue miserie e che in un'epoca di disperazione e di isolamento dà a chi lo desidera la possibilità di risollevarsi. La misericordia è perdono, è costante ricerca di una purezza nel cuore.

La sorpresa è che, a modo suo, Francesco è un integralista ma nel senso opposto a quello tradizionale. L'integralista è colui che pretende il rispetto indiscutibile di norme che risalgono a un'altra epoca o fanno riferimento a sistemi di pensiero chiusi al confronto con la realtà e/o con gli altri, rifiutando qualunque contestualizzazione. Papa Bergoglio, invece, si immerge continuamente nella realtà dei nostri tempi. Capisce che le persone hanno bisogno di coerenza e di credere tangibilmente nel Bene, danno fiducia a chi si propone con la forza dell'esempio.Ed è solo capendo questa sua drittura morale che si possono capire le sue scelte, anche quelle più scomode come l'apertura agli immigrati, tema che peraltro è appena accennato nel libro. Ma in queste pagine e, soprattutto, in quella parola, Misericordia, applicata ogni giorno e in ogni circostanza, c'è l'essenza dell'Uomo e dunque di un Papa che si ostina a credere nella forza dell'amore.

A modo suo un Papa rivoluzionario.

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