Pro e contro le nuove tecnologie

di GIANCARLO DILLENA - L?ultimo dibattito di «Piazza del Corriere», dedicato alle prospettive dei media nel prossimo futuro, ha suscitato interessanti reazioni da parte dei telespettatori (cfr. in proposito la lettera pubblicata ieri a pagina 39). Esse pongono, da sponde significativamente diverse, il problema del rapporto con le nuove tecnologie, che nel caso dei media più ancora che in altri, tocca direttamente la sfera dei comportamenti quotidiani e delle loro premesse. In buona sostanza una vera linea del fronte divide da una parte gli affascinati-entusiasti-iperutilizzatori e dall?altra gli scettici-diffidenti-impauriti. Per gli uni l?avvento dei nuovi mezzi tecnologici e soprattutto della rete rappresenta un cambiamento epocale nel quale tuffarsi senza riserve, sfruttandone le immense possibilità e facendone parte del proprio modo di vivere, come strumento di conoscenza ma anche e soprattutto di relazione sociale. Un Nuovo Mondo, insomma. Anzi, un Nuovo Universo, nel quale sono abolite le barriere fisiche preesistenti e che dischiude dunque uno spazio di libertà senza precedenti. Per gli altri il passaggio dalla carta agli schermi in HD non è solo disagevole ma anche inquietante, perché porta con sé un approccio completamente diverso al testo, all?informazione (in senso non solo giornalistico), alla sua assimilazione e comprensione, ai rapporti umani. Da qui la tendenza a evidenziarne soprattutto i rischi: di perdita di punti di riferimento, di smarrimento in una dimensione virtuale svincolata dalla realtà, di abusi di ogni genere. In una certa misura è un film già visto. Molte volte. L?avvento dei primi treni aveva lasciato sconcertati i benpensanti dell?epoca, spaventati dalla «folle velocità di 30 km orari» raggiunta dalle sferraglianti locomotive a vapore. Il cinema sonoro aveva fatto arricciare il naso agli amanti del muto, che trovavano le voci un disturbo all?espressività degli attori, prima tutta affidata all?immagine. Così è stato in molti altri momenti storici, in uno scontro che spesso ha visto lo schieramento degli entusiasti coincidere con i giovani e quello degli scettici con i «vecchi». Niente di nuovo sotto il sole, dunque. Ma accontentarsi di queste constatazioni sarebbe troppo semplice e superficiale. La contrapposizione schematica tende infatti ad oscurare la complessità e la profondità dei problemi che ogni rivoluzione tecnologica porta con sé. Non è solo questione di adattamento ad un nuovo strumentario, di prontezza nel raccoglierne gli input, di agilità nel manipolarlo. I cambiamenti – a maggior ragione se, come oggi, accelerati rispetto al ricambio generazionale – inducono da sempre mutamenti mentali e comportamentali, con ricadute che vanno ben oltre l?orizzonte tecnologico in quanto tale. È stato il caso, per restare ai media, della TV cinquant?anni fa; della penny press, che nella Gran Bretagna del XIX secolo ha dilatato gli effetti dell?alfabetizzazione di massa; della stampa al tempo di Gutenberg. Ma vale per il telaio meccanico, l?automobile, gli anticoncezionali. Innovazioni che hanno cambiato non solo una tecnica di produzione, le modalità di trasporto, l?approccio alla sessualità. Hanno cambiato il modo di vivere e di pensare. Con benefici evidenti. Ma anche creando problemi nuovi, risultato della perdita di capacità preesistenti, dell?impatto ambientale prodotto dal motore a scoppio, delle norme sociali fondate su limiti secolari. Il nocciolo della questione non sta dunque in un?assurda quanto vacua battaglia fra fautori del futuro e difensori del passato. Sta nel comprendere le implicazioni dei cambiamenti, il loro impatto e i rischi che comportano. Per poterli gestire, controllare o quanto meno contenere. Un esercizio sempre difficile per i contemporanei, perché quando si è nel mezzo del vortice è arduo orientarsi e ancor di più navigare in una direzione definitiva, scelta e non semplicemente subìta. In fondo si tratta sempre di una forma di adattamento. Ma attivo, consapevole e critico. In ciò all?opposto sia della chiusura a riccio che rifiuta il nuovo come intrinsecamente malefico, poiché destabilizzante e minaccioso, sia dell?adesione euforica che ne esalta la bontà intrinseca per il solo fatto che dischiude nuove opportunità. Gli uni vorrebbero – mission impossible – fermare il fiume in piena guardando da un?altra parte. Gli altri si lasciano entusiasticamente trascinare dalla corrente senza interrogarsi sugli ostacoli contro i quali rischiano di andare a sbattere. Per questo è opportuno dibattere sulle nuove tecnologie – non solo mediatiche – da quante più angolazioni possibili, cioè dai diversi punti di vista di chi del fenomeno subisce l?impatto. Poiché il marchingegno, il programma o il composto chimico, qualunque essi siano, non sono mai il nocciolo del problema. Il nocciolo siamo noi.