Il commento

Quando il nonno s’aggrappa al volante

La nostra è una società gerontofobica o gerontocratica?
Diletta Leotta a Sanremo, dove ha fatto un monologo sulla bellezza di sua nonna.
Carlo Silini
08.02.2020 06:00

Gli estremi si toccano. Succede anche quando si medita sull’età avanzata, eufemismo per non dire vecchiaia - termine secco, ma corretto, per definire uno stadio naturale dell’esistenza. Gli estremi, dicevamo: perché da una parte la nostra società è gerontofobica, dall’altra è gerontocratica.

Gerontofobica perché, a partire dal vocabolario, la vecchiaia è un’età negata: diciamo “anziani”, “senior”, “terza età”, “hai l’età che ti senti addosso, non quella dell’anagrafe”, “sei giovanile”, “non dimostri i tuoi ‘anta’”, eccetera eccetera, di eufemismo peloso in eufemismo pietoso. Gentilezze perlopiù non richieste dai diretti interessati, ma stressanti pure per loro, bombardati dal mercato globale delle creme “anti-age”, espressione suadente e bugiarda, figlia del peggior marketing linguistico. Come se una pomata annullasse il tempo e azzerasse non le rughe, ma le stagioni passate e le fatiche di una vita, una spalmata e oplà: hai perso diec’anni.

Spontaneo o indotto che fosse, il monologo della Leotta trametteva qualcosa di profondamente vero, soprattutto quando la presentatrice ha detto, più o meno, ‘cara nonna, se ero (sottinteso: rugosa? sciupata? non più bella?) come te, col cavolo che mi avrebbero chiesto di presentare Sanremo”.

Roba a cui non crede neppure un’avvenente icona del mondo dello spettacolo italiano, Diletta Leotta, che martedì sera all’apertura del festival di Sanremo si è lanciata nell’elogio della bellezza di sua nonna 85enne (rimasta peraltro impassibile di fronte al sermone della nipote). Spontaneo o indotto che fosse, il monologo della Leotta trametteva qualcosa di profondamente vero, soprattutto quando la presentatrice ha detto, più o meno, ‘cara nonna, se ero (sottinteso: rugosa? sciupata? non più bella?) come te, col cavolo che mi avrebbero chiesto di presentare Sanremo”.

Le prediche è meglio lasciarle al Papa, gioiosamente vecchiarello pure lui, che dall’inizio del pontificato ha individuato con precisione chirurgica il problema che affligge gli anziani: sono vittime– assieme ad altre categorie umane poco considerate - di quella che definisce la “velenosa cultura dello scarto”. Non rendi più? Non esisti!

Allo stesso tempo la nostra è una società gerontocratica. L’età media della popolazione cresce e quindi è normale che si vada avanti a lavorare il più a lungo possibile. Con due effetti: il primo è che per le nuove generazioni è più difficile di un tempo accedere ai posti di lavoro in generale e a quelli di responsabilità e di potere in particolare. I piani alti delle aziende sono quasi sempre blindati dai “vecchi” del mestiere. Salvo che se resti fuori dal mondo del lavoro dopo i 50 anni finisci inesorabilmente nella società dello scarto di cui si diceva sopra. Il secondo è che i lavoratori “esperti” finiscono col concepire la pensione come una sconfitta esistenziale, perché l’uscita dal mondo produttivo viene percepita come un’espulsione dal “nobile” consesso di chi fa girare i soldi. Dov’è finito l’antico, semplice e doveroso concetto di “meritato riposo”? E dove si è nascosto il sano ideale della solidarietà tra generazioni, secondo il quale i figli e i nipoti dopo essere stati aiutati dai genitori e dai nonni, li sostengono anche con il loro lavoro?

In questo contesto, una scelta apparentemente banale che prima o poi ogni persona anziana deve affrontare, smettere di guidare, può pesare come un macigno (ne parliamo sul CorrierePiù di oggi). Per alcuni, la licenza di condurre non è un semplice pezzo di carta che permette di andare a fare la spesa senza scomodare nessuno, può rappresentare l’ultimo baluardo della libertà e, in filigrana, della propria dignità. Poco importa se sulle strade diventi pericoloso per te stesso e per gli altri, ti aggrappi a volante e non lo molli più. Che fare? Ragionando con gli psicologi dell’Unità di psicologia applicata della SUPSI che si stanno occupando del problema, le opzioni esistono ma non sempre sono praticabili. L’era delle automobili che si guidano da sole non è ancora realtà. C’è l’alternativa più sociale che consiste nel sostegno ai vecchi da parte delle generazioni più giovani. Ma non tutti possono contare sull’aiuto dei figli o dei nipoti (che non sempre sono a disposizione). L’alternativa più pratica sono i mezzi pubblici. Ma anche su questo terreno la società dovrebbe concentrarsi di più. I trasporti pubblici sono davvero utilizzabili quando, per esempio, i gradini per salire sul bus sono troppo alti o puoi fare i biglietti solo alle macchinette automatiche o su internet?

Finché sei giovane non ci pensi, ma a una certa età la capacità sociale di integrare gli anziani la misuri anche su questi dettagli.