Quei rischi delle monete parallele

Nella storia economica ci sono stati molti tentativi di creare monete parallele, contro le valute ufficiali o accanto a queste. La novità ora è che le nuove tecnologie consentono tentativi diversi, come hanno mostrato il bitcoin e le altre criptovalute e come mostra l’idea di Facebook di varare nel 2020 un sistema di pagamenti basato sulla libra. Le valute cripto attirano l’attenzione, ma non occupano l’intera scena perché nel frattempo permangono anche iniziative per creare strumenti paralleli più tradizionali, cartacei. Il panorama è misto. Ma i rischi sono notevoli su entrambi i versanti.
In genere i tentativi di creare monete parallele cartacee non sono simboli di forza, al contrario esprimono l’idea – sbagliata - di aggirare alcune difficoltà economiche o politiche oppure, nei casi più gravi, di rimediare a pesanti crisi strutturali. Recentemente economisti dell’area della Lega italiana hanno proposto l’emissione di titoli pubblici su piccoli importi (mini-Bot), per il pagamento dei creditori da parte dello Stato. Ci sarebbe davvero da stupirsi se la Banca centrale europea (che peraltro ha già detto no) o lo Stato italiano avallassero tale iniziativa, visto che delle due l’una: o si tratta di una moneta parallela illegale, o si tratta di nuovo debito, in una fase in cui l’Italia è già nel mirino per non aver diminuito il debito precedente. È possibile che la proposta sia tesa soprattutto a creare contrasti con Bruxelles da parte di quanti in Italia vorrebbero uscire dall’euro. Qualunque sia lo scopo, si insinua comunque l’idea errata che sia cosa valida far nascere strumenti valutari paralleli.
Ci sono stati e ci sono Paesi in cui la situazione era o è ben più grave che in Italia. Tra il 2001 e il 2002 in Argentina nacque il patacón (nel nome un destino, italianizzando), valuta complementare al peso che riprendeva il nome di una vecchia moneta del Paese. Si trattava inizialmente di un’obbligazione per il pagamento dei dipendenti pubblici, che si diffuse anche negli acquisti tra privati. Ma il patacón e altre monete parallele provocarono caos valutario e non aiutarono il Paese a risolvere i suoi problemi (tra i quali l’alta inflazione) e quindi tutto rientrò. Ancor più pesante di quella dell’Argentina di inizio anni Duemila è la situazione dello Zimbabwe, Paese dollarizzato. Qui dal 2016 lo Stato fa circolare le bond note, che formalmente sono garantite dalle riserve in dollari. Ma questa moneta parallela è soggetta a ricorrenti crisi di fiducia, l’inflazione è grande e l’incertezza non è diminuita. C’è chi accusa il Governo di un eccesso di produzione di bond note. Di nuovo, si tratta di una mossa che non aiuta a risolvere i problemi.
Diverse sono le motivazioni che stanno alla base delle criptovalute. Ancora oggi non si conosce bene come sia nato il bitcoin, ma certo non aveva lo scopo dichiarato di aggirare il dissesto delle casse pubbliche, anche perché, per quel che si sa, è una creazione di privati e non di Stati. Per una parte degli estimatori delle criptovalute, queste rappresentano il sogno di una moneta libera e mondiale. Ma per ora non c’è evidenza di un progetto di questo tipo da parte dei promotori; progetto che peraltro avrebbe complessità enormi (le varie aree economiche hanno esigenze valutarie diverse e poi: chi e come governerebbe il meccanismo?). Più evidente è la motivazione del business, perché è chiaro che una parte del mercato punta a ottenere guadagni investendo in criptovalute. Cosa in sé legittima, se però esistono norme da rispettare. E se c’è consapevolezza dei rischi: le quotazioni del bitcoin e di altre criptovalute sono salite, ma ci sono state anche cadute da brivido.
Con il progetto libra di Facebook siamo ad una svolta ulteriore. Facebook sta cercando di rassicurare, si è alleata con società delle carte di credito, con operatori delle telecomunicazioni e altri; ha inoltre affermato che la sua criptovaluta sarà ancorata ad un paniere di monete reali e di titoli. Ma molti interrogativi restano. A quelli sulle criptovalute si aggiungono quelli sul controllo dei dati e sull’azione di Facebook, che su questo terreno in passato non è stata esattamente irreprensibile. Abbiamo capito ormai tutti che la tecnologia blockchain, che è alla base delle criptovalute, è interessante e valida. Ma il problema sta nell’applicazione concreta, nella gestione dei servizi offerti. Per le banche centrali e per le autorità di vigilanza sui mercati (la svizzera Finma potrebbe essere doppiamente interessata, visto che un ramo centrale di libra avrà sede a Ginevra) dovrebbe scoccare l’ora di un’attività molto intensa anche su questo versante tecnologico. La moneta ufficiale, come si sa, è cosa molto seria. Le monete parallele cartacee non funzionano. E le criptovalute, per correttezza e per buon senso, dovrebbero avere sempre norme e limiti precisi.