Quel brutto pasticciaccio di via Cortivo

Raffaella Castagnola
21.03.2014 05:05

di RAFFAELLA CASTAGNOLA - I più precisi diranno che sarebbe stata più significativa la erre: perché il titolo allude a Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, romanzo di Carlo Emilio Gadda che ha come protagonista il commissario di polizia Francesco Ingravallo, orgoglioso e intelligente molisano incaricato di indagare  su un furto di gioielli e poi su un delitto. Anche se non siamo qui a parlare di romanzi, quel testo è utile per iniziare un discorso di politica culturale e aprire un dibattito che immaginiamo lungo e magari ricco di sorprese. Dunque prenderemo a prestito il giallo di Gadda, perché ci insegna una cosa straordinaria: che non tutte le questioni intricate  trovano una sola soluzione (Gadda aprì le porte ad un genere «aperto»  nel quale il punto di vista degli uni e degli altri crea scenari diversi) e che le cose ingarbugliate possono rimanere disordinate a lungo. Un pasticciaccio di cose, di persone, di aspettative, di parole. Tuttavia anche noi, come Ingravallo, anche se non siamo così arguti, siamo tenaci. E dunque non demordiamo di fronte alle difficoltà della materia. Cosa c?è di tanto complicato nella cronaca culturale? Sicuramente la situazione del Museo delle culture, in via Cortivo a Lugano, che in queste ultime settimane è uscito dal consueto  schema di una rivalità a due (museo/Lega) per proporsi alle critiche di altri partiti (i grillini in Italia, che giudicano dannoso l?accordo appena siglato con la città di Torino), alle discussioni della Rete e della gente. I nodi venuti al pettine sono molti. Il museo è ubicato in una bellissima posizione, ma la sede è oggi inadeguata. Non ha posteggi sufficienti, è di difficile accesso per i turisti, non invoglia alla visita  sia gli anziani che gli handicappati. Inutile dunque lamentarsi della scarsa affluenza di pubblico alle mostre, anche  a quelle molto interessanti. Spostare il museo, ma dove? Non certo a Villa Ciani (questa ipotesi è stata avanzata e per fortuna subito scartata). Potrebbe però diventare una sezione del nuovo museo del LAC, trovando anche sinergie con le collezioni permanenti o con le altre proposte museali cittadine. Del resto per la Villa Heleneum c?è già un acquirente privato, disposto a trasformarla in una moderna sede per una collezione d?arte antica: perché non accettare la sfida? Un altro nodo importante riguarda il comitato scientifico, che fa da supporto alle attività museali: da tempo alcuni suoi componenti sono in dissidio con la direzione. La partita è aperta e solo il silenzio, incomprensibile, del presidente della commissione non permette un dibattito, un confronto aperto. Nel comitato scientifico i rappresentanti di USI e SUPSI vorrebbero - a ragione -  un museo inserito nel tessuto cantonale, attraverso una rete di attività congiunte sul restauro, sugli allestimenti e sulla progettazione museale con la SUPSI, e con un apporto della comunicazione da parte dell?USI. Ma questa collaborazione non è mai decollata. Non apriamo il capitolo conti, che mostrano i costi in forte crescita (da 1,3 milioni di franchi del Consuntivo 2011 a 1,6 del Preventivo 2014). Anche i dati economici servono tuttavia per fare un ragionamento di strategia culturale: il museo è dotato di un consistente numero di ricercatori, che determinano un?uscita annua considerevole per gli stipendi non di ruolo. Ma oggi solo i grandi musei riescono ad adempiere a questa funzione di ricerca: i piccoli hanno come priorità la conservazione dei materiali e l?attività espositiva. Dunque bisogna chiedersi come mai il Museo delle culture sia riuscito a costituire una sorta di università parallela a USI e SUPSI, ma anche ai centri universitari elvetici di studi in etnologia e museologia;  e come mai, al contrario, il Museo d?arte comunale e cantonale non abbia avuto la forza o il sostegno di imporsi sulla scena culturale come centro di ricerca. Sostenere la ricerca è un bene: ma Lugano deve decidere dove porre l?accento, soprattutto in un momento difficile per le finanze come questo e soprattutto quando ai cittadini si chiede un contributo finanziario con l?aumento del moltiplicatore. Interrogarsi sul futuro di questo museo (ma non solo, perché la riflessione andrebbe fatta anche sull?Archivio comunale e sulle sue attività espositive e di ricerca) significa dunque interrogarsi anche sulle scelte e sulle priorità culturali della Città: di fronte al progetto LAC, sul quale sono state convogliate risorse economiche di grande importanza, bisogna muoversi con decisione, con professionalità e con molta determinazione. Creare un polo museale  significherebbe riorganizzare al meglio spazi, risorse e  ricerca, ma anche eliminare gli inutili sprechi e i doppioni, come nella comunicazione. Insomma: un brutto pasticciaccio.