Quel destino crudele che non riesci ad accettare

IL COMMENTO SULLA MORTE DI LUIS SALOM DI MARCO COLANDREA (ex pilota Moto2)
Addio a Luis Salom.
Marco Colandrea
11.06.2016 00:30

Grande commozione, mercoledì sera, a Palma di Maiorca, per i funerali del pilota della Moto2 Luis Salom, scomparso per un tragico incidente lo scorso 3 giugno, durante la seconda sessione di prove libere sul circuito spagnolo di Montmelò. Alla messa in memoria di Luis, 24 anni, erano presenti duemila persone, tra cui diversi grandi nomi del Motomondiale come Jorge Lorenzo, Marc Marquez e Dani Pedrosa, il team SAG Racing al completo (squadra con cui Luis aveva firmato un contratto di due anni), come pure il manager del pilota Marco Rodrigo, e il suo compagno di squadra, lo zurighese Jesko Raffin. Alla famiglia di Luis, nella Cattedrale di Palma di Maiorca, ha fatto le condoglianze anche la superstar del tennis mondiale Rafael Nadal, anch'egli originario delle Baleari. Ecco il ricordo di chi ha conosciuto Luis in pista, il 22.enne ex pilota ticinese Marco Colandrea.

di MARCO COLANDREA - Ho affrontato tante volte quella curva numero 12, l'ultima volta proprio quattro anni fa e mai avrei pensato che un giorno sarebbe diventata letale a un compagno di gare, ad un amico delle corse. La dinamica dell'incidente dello scorso fine settimana, a Barcellona, sotto i riflettori del mondo, rende la prematura scomparsa di Luis ancora più dura da accettare. Il GP di Catalogna ricordo che mi trasmetteva una certa tranquillità, forse perché è stata la prima pista vera sulla quale ho gareggiato con le moto alte da bambino, o forse proprio perché tanti piloti la ritengono una delle piste più belle e veloci del Motomondiale. Ho sempre pensato che Montmelo' fosse uno dei circuiti più sicuri, ma come spesso capita, finché non accade il dramma, non riesci a vedere quanto possa essere pericoloso un suo tratto particolare. Non avrei mai pensato che proprio lì, per una scivolata, si potesse andare così rapidamente incontro alla morte. Di piste che non ritengo sicure ne ho viste e calcate, penso al "Salzburgring" in Austria oppure al "Schleizer Dreieck" in Germania, circuiti storici che si corrono all'IDM (Campionato Internazionale tedesco): più per tradizione che per sicurezza, secondo il mio punto di vista. È difficile da accettare la scomparsa di un compagno, di una persona con la quale hai condiviso dei momenti e un obiettivo comune.

Ripenso a quel week-end del 2006, al mio debutto, mentre ero impegnato a battagliare tra le 70cc insieme a piloti oggi affermati come Maverick Vinales nella MotoGP o Miguel Oliveira nella Moto2. Ricordo che in quei giorni, Luis, due anni più grande di me, era impegnato nella categoria di cilindrata superiore, tra le 125Gp del CEV (Campionato Spagnolo). Il destino ha voluto che proprio Oliveira fosse testimone dell'impatto di Luis lo scoro venerdì. Quello che fa effetto e che mi fa tornare alla mente questi ricordi, è che si cresce assieme, tra piloti ci si vede già da bambini, magari anche solo nel paddock o con il proprio nome sulla classifica, ma ognuno sa della presenza dell'altro. Questo discorso continua di anno in anno e per questa ragione la "vita da paddock" è da molti ritenuta come quella di una grande famiglia. Ci si conosce tutti. È consuetudine incrociarsi vicino alla pista e salutarsi fuggitivamente, fa parte della routine dei week-end di gara. Ogni stagione le persone presenti ai vari Gran Premi sono sempre le stesse e di conseguenza si instaura un legame tacito.

La vita da pilota la conosco bene, so quanto si sia "ciechi" quando si è sulla propria moto, quando si è all'interno di quelle solite "quattro mura". che cambiano solo di nazione.Sotto quella visiera ci si sente invincibili, ognuno sa dentro di sé che potrebbe succedere quella cosa, ma ogni pilota è altresì convinto che possa capitare solo agli altri, perché è vero, forse condizionati dalla corazza protettiva, forse troppo concentrati ad inseguire il proprio sogno che si perde di vista il rischio. Non potrebbe essere altrimenti, perché il pilota non può vivere con la paura, il pilota deve sempre cercare di oltrepassare il limite, osando e rischiando di continuo, anche usando la testa. Negli anni della mia carriera motoristica, una riflessione che mi è stata trasmessa da alcuni "addetti ai lavori" riassume molto bene questo concetto: "Quando un pilota comincia a pensare troppo è meglio che cambi sport". Per questa ragione, tutti i piloti meritano grande rispetto. Sempre.

Luis Salom me lo ricordo bene, pilota aggressivo, istintivo, ma gentile fuori dalla pista.Ricordo in particolare i bei momenti di quell'allenamento ad inizio stagione nel 2011, ad Almeria in Spagna, con la pista noleggiata dal nostro "team manager" Marco Rodrigo, sole cocente e tanta voglia di andar forte. C'erano anche Randy Krummenacher e Michael Ranseder presenti oltre a Luis, e ripenso con piacere a quanto ero contento di poter scambiare qualche parola tra un turno di prove e l'altro, con piloti del loro calibro.

È doloroso doverti salutare così questa volta Luis, per tutti noi piloti, motociclisti, meccanici e appassionati dello sport. Non ti dimentichiamo. Ciao Luis #39!!