Questione di interpreti, non di modulo

Il presidente lo conosciamo. È molto caldo, vive le partite con passione e a volte ci scappa qualche eccesso, anche nei giudizi. È già accaduto in passato e capiterà ancora, non ne farei un caso di stato. Preferirei piuttosto analizzare la partita contro il Vaduz nel suo insieme, perché ha fornito diversi spunti interessanti. A partire dal nuovo modulo, che secondo me era giusto testare proprio contro la cenerentola del campionato, perché il club del Principato fa spesso «il Lugano», chiudendosi molto bene in fase difensiva. Jacobacci ha provato a fare qualcosa di diverso e ci può stare. Alla fine sono mancati alcuni automatismi, che contro una squadra ben oliata erano necessari. Io però non escluderei di riproporre la difesa a quattro anche in futuro. Forse non già a Lucerna, in una sfida dove servirà un occhio di riguardo anche in fase difensiva, ma neanche tra altri sei mesi.
Resta invece da capire come mai, al di là dell’inesperienza nel mettere in campo il 4-2-3-1, diversi interpreti non abbiano reso come ci si attendeva. Servivano passaggi veloci e incursioni come quella che ha portato Lungoyi a fornire l’assist per il gol di Gerndt. È però successo una sola volta, troppo poco. In primis andrà in ogni caso ritrovato il giusto atteggiamento. Il gol incassato in apertura di confronto contro il Vaduz mi ha sorpreso. Il Lugano non è solito a concedersi certe leggerezze, che poi ti condizionano rimettendo in discussione tutto ciò per cui hai lavorato in settimana. Probabilmente in quest’ottica ha pesato e peserà l’assenza di un leader e una guida come Mijat Maric, che è molto bravo nel trasmettere calma ai compagni attorno a lui. Altri dovranno prendersi maggiori responsabilità, come sta facendo Abubakar in attacco. L’ex Kriens mi sta piacendo molto. È motivato, ha grande presenza fisica e una buona tecnica. Va fatto crescere e soprattutto va supportato di più nella manovra, per valorizzarne un apporto già positivo.