Se il fisco tartassa la sostanza

Un risparmiatore che investe con prudenza è penalizzato
Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
25.09.2009 05:02

di FABIO PONTIGGIA - Lo studio realizzato dal Centro di competenze tributarie della SUPSI per conto del DFE ha messo il dito anche nella piaga del trattamento fiscale della sostanza. L?analisi e le valutazioni effettuate dal prof. Marco Bernasconi e dai suoi collaboratori meritano grande attenzione, soprattutto oggi che la speculazione e i guadagni facili sono messi all?indice come la lebbra del sistema finanziario.La realtà è che se un buon risparmiatore non fa investimenti detti speculativi e quindi rischiosi, ma si comporta prudentemente, viene tartassato, punito, dal fisco. Sembra un paradosso, ma è proprio così.Un esempio parla più di qualsiasi argomentazione teorica. Prendiamo il caso di una persona sola, con un buon reddito (100.000 franchi di imponibile cantonale) che ha messo da parte un più che discreto capitale a risparmio (500.000 franchi), tutto alla luce del sole. Come vengono trattati dal fisco questa sostanza e il reddito che essa genera se investita in modo prudente e non speculativo (le banche offrono conti di risparmio-investimento specificamente concepiti per il lungo termine)?Dati un tasso remunerativo del 2% e un?inflazione dell?1%, la redditività reale di questo capitale è dell?1% (ed è già un?ipotesi ottimistica: il rendimento reale medio delle obbligazioni della Confederazione nell?ultimo mezzo secolo è stato dello 0,3% annuo). Il reddito effettivo nell?esempio fatto è quindi pari a 5.000 franchi all?anno, prima delle imposte.Quali e quante sono le imposte prelevate? C?è quella sulla sostanza e c?è quella sul reddito di tale sostanza. In Ticino, in un Comune con il moltiplicatore medio (85%), l?imposta cantonale e quella comunale su una sostanza di 500.000 franchi, prelevate ogni anno, assommano a 1.680 franchi. A queste si aggiunge l?aumento delle imposte sul reddito. Diecimila franchi di reddito nominale (il 2% di mezzo milione) che si aggiungono ad un imponibile di centomila franchi (pur calcolando l?indicizzazione delle aliquote) comportano un aumento di circa mille franchi per l?imposta cantonale, 850 per quella comunale e circa 900 per l?IFD: in totale, circa 2.750 franchi di imposte supplementari.In rapporto alla sostanza investita dal contribuente-risparmiatore sembra poca cosa: ma attenzione alle proporzioni. Per un reddito reale di 5.000 franchi dato dal capitale, investito in maniera ultraprudente (i moralisti parlerebbero di investimento etico contrapposto agli investimenti cattivi e riprovevoli degli speculatori), questo contribuente paga al fisco la bellezza di 4.430 franchi (tra imposte sulla sostanza – 1.680 franchi – e surplus di imposte sul reddito – 2.750 franchi). Il che equivale ad un?aliquota effettiva dell?88%. È un autentico esproprio.Se poi l?inflazione fosse più elevata e la redditività reale inferiore a quanto considerato nell?esempio, non solo non vi sarebbe più alcun reddito dopo il pagamento delle imposte, ma verrebbe intaccata addirittura la sostanza, cioè lo Stato a poco poco si approprierebbe dei risparmi messi da parte e prudentemente investiti dal contribuente che aborre la speculazione in azioni, derivati e quant?altro.C?è quindi qualcosa che non va nel sistema tributario. E non è solo questione di capacità concorrenziale nei confronti di altri Cantoni e di altri Stati (negli ultimissimi anni il Ticino si è fermato sulla strada delle riforme fiscali e sta perdendo pericolosamente posizioni su posizioni nel confronto intercantonale): è anche e soprattutto questione di salvaguardia di un diritto fondamentale qual è il diritto di proprietà. Se vogliamo metterla sul piano etico: è totalmente immorale che uno Stato sottragga risorse in questa misura ai cittadini; non c?è principio redistributivo che possa giustificare simili situazioni.