Se la svolta si rivelasse velleitaria?

di MORENO BERNASCONI - In una recente presa di posizione sulla politica energetica futura della Svizzera, le Accademie svizzere della scienza segnalano due punti di grande rilevanza. Il primo riguarda l?evoluzione della domanda di elettricità nei prossimi decenni. «La domanda dovrebbe continuare a crescere – affermano le Accademie – a causa dell?estensione delle nuove tecnologie, la crescita demografica e l?invecchiamento della popolazione, le esigenze di qualità della vita e confort, la sostituzione di fonti di energia fossile nei campi del riscaldamento (o pompe a calore) e anche della mobilità (veicoli elettrici)». Il secondo punto mette in evidenza un dato di cui non si è tenuto conto a sufficienza finora: «L?approvvigionamento di elettricità non è il solo a dover essere ripensato su basi rinnovabili: i combustibili e i carburanti fossili, che coprono oggi la maggior parte dei consumi di energia, vanno sostituiti anch?essi su basi di sostenibilità». Nella presa di posizione si attira inoltre l?attenzione sul fatto che «un aumento dei prezzi dell?elettricità non conduce necessariamente ad una diminuzione della domanda di energia elettrica. Infatti, se i prezzi degli altri vettori energetici aumentassero ancora di più nei prossimi anni, il risultato potrebbe essere un aumento del consumo di elettricità». Queste osservazioni illustrano bene quanto arduo rischi di essere il raggiungimento dell?obiettivo che il Consiglio federale e il Parlamento svizzero si sono fissati decidendo l?abbandono dell?energia nucleare: sostituire il 40% del fabbisogno di elettricità oggi garantito dalle centrali atomiche svizzere puntando sulle energie alternative e sull?efficienza energetica, vale a dire sulla riduzione dei consumi di elettricità. Le Accademie usano un?espressione che non lascia dubbi: «Si tratta di una sfida immensa» (sic).La sfida appare effettivamente molto difficile sia dal punto di vista pratico sia da quello politico, come dimostrano anche una serie di recenti dichiarazioni dei movimenti ambientalisti. Se è vero che l?energia fossile andrà sostituita a medio termine esattamente come quella nucleare, l?idea di rimpiazzare le centrali atomiche svizzere con nuove centrali a gas – come ha intenzione di fare il Consiglio federale – appare improponibile. Come risibile appare l?ipotesi (che molti danno per inevitabile) di dover sostituire a medio termine l?energia finora proveniente dalle nostre centrali atomiche con una accresciuta importazione di quella proveniente dalle centrali atomiche francesi (pericolose quanto se non più delle nostre) che distano solo alcune decine di chilometri dalla frontiera svizzera. Il recente niet dei Verdi svizzeri alla costruzione di centrali a gas in sostituzione di quelle atomiche è illuminante in questo contesto. Chi propugna una difesa dell?ambiente e negli ultimi decenni ha fatto della riduzione delle emissioni di CO2 una battaglia fondamentale non può certo – a meno di perdere la faccia – turarsi il naso e accettare le inquinanti centrali a gas pur di chiudere quelle atomiche. Purtroppo, più i nodi della frettolosa decisione delle Camere vengono al pettine, e più i margini di manovra per la realizzazione della politica energetica senza nucleare propugnata dal Governo federale appaiono esigui e più l?accettanza da parte della popolazione rischia man mano di ridursi. Prendiamo il ricorso alle energie rinnovabili. Dopo l?entusiasmo iniziale, il potenziale dell?energia eolica (che risulta importante in altri Paesi favorevoli all?uscita dal nucleare, in primis la Germania) in Svizzera si rivela molto esiguo. In una recente intervista al CdT, anche l?ex capo dell?Ufficio federale dell?ambiente Philippe Roch ha affermato che l?energia eolica non è fatta per la Svizzera. A parte il suo potenziale ridotto, sorgono infatti problemi di protezione del paesaggio e di inquinamento fonico non indifferenti. Problemi ambientali che si pongono anche – e le associazioni di protezione della natura l?hanno già dichiarato – per il previsto innalzamento delle dighe dei bacini idroelettrici. Nel campo delle energie rinnovabili resta quindi soprattutto l?energia solare, il cui potenziale in Svizzera rimane tuttavia molto scarso e il cui utilizzo su larga scala è tutt?altro che acquisito. Come rilevano studi recenti delle Nazioni Unite, l?integrazione su larga scala delle energie rinnovabili, in particolare del fotovoltaico, nelle reti elettriche attuali rappresenta una sfida tecnologica e finanziaria gigantesca. Se l?idroelettrico non pone problemi per la rete, l?energia solare è inoltre fluttuante a dipendenza del tempo ed è spesso molto disponibile in regioni dove mancano le reti. Senza parlare del fatto che i materiali utilizzati sono rari e in concorrenza con le necessità delle apparecchiature a supporto delle nuove tecnologie, la cui domanda è ovviamente in piena espansione su scala mondiale. Per ragioni infrastrutturali, tecnologiche e finanziarie, i tempi di un possibile passaggio all?utilizzo delle rinnovabili su larga scala non sono ravvicinati: gli esperti ONU parlano di un orizzonte non precedente il 2050 e solo a condizione che Stati, Banca mondiale e Fondo monetario internazionale facciano investimenti finanziari giganteschi. Se le cose stanno così, è forse utile sottoporre a nuova verifica un assunto che all?indomani dell?incidente di Fukushima e fino ad alcuni mesi fa veniva dato per scontato: ovvero che la grande maggioranza degli Svizzeri propugnano lo spegnimento delle centrali nucleari svizzere il più in fretta possibile. È ancora così? E qualora la svolta energetica si rivelasse velleitaria e i suoi costi fossero molto elevati per i consumatori e per l?economia svizzera, la popolazione sarebbe ancora massicciamente favorevole alla rinuncia tout court al nucleare? La domanda se l?è posta un gruppo di ricercatori del Politecnico di Zurigo che ha sondato l?opinione dei consumatori svizzeri sull?energia nucleare e le sue alternative. Risultato? Sembra che il vento stia girando. «Se la svolta energetica dovesse rivelarsi un?illusione – afferma il prof. Michael Siegrist – il grado di accettanza del nucleare potrebbe crescere nuovamente e rapidamente». I risultati dello studio sembrano confermare un cambiamento e in particolare una chiara ostilità di fronte all?ipotesi di dover sostituire le centrali atomiche con le centrali a gas. Affaire à suivre.