Sfida all'ombra delle piramidi

di GERARDO MORINA - Ben più di un alito di vento smuove in questi giorni l?atmosfera opprimente che si respira all?ombra delle piramidi. Ieri i dimostranti si sono nuovamente riuniti al Cairo in piazza Tahrir, ma questa volta al solo scopo di manifestare la loro simpatia per il nuovo presidente Mohammed Morsi, appartenente ai Fratelli Musulmani e primo civile ad essere eletto a questa carica dal colpo di Stato del 1952. Una settimana fa Morsi ha prodotto una rivoluzione nella rivoluzione e quello che sembra essere un golpe bianco nell?Egitto che fa seguito al ritiro e alla successiva condanna all?ergastolo del presidente Hosni Mubarak. Prendendo come occasione la caccia agli jiadhisti responsabili del blitz in cui all?inizio del mese sono morte nel Sinai 16 guardie di frontiera egiziane, Morsi non solo ha mandato in pensione il feldmaresciallo Hussein Tantawi, ministro della Difesa nonché capo di quel Consiglio superiore delle forze armate in sella dalla caduta di Mubarak, ma ha anche annullato una controversa dichiarazione costituzionale, approvata dai militari prima del voto dello scorso maggio, che restringeva i poteri della presidenza. Il golpe è stato «bianco»perché incruento e realizzato con il consenso delle stesse forze armate, il che consente agli analisti di mettere in campo almeno due ipotesi. La prima ruota intorno al fatto che Morsi potrebbe aver approfittato del malcontento serpeggiante nell?esercito da parte dei generali disposti a far fuori il vecchio feldmaresciallo pur di vedersi conservare le loro prerogative politiche ed economiche. La seconda riguarda un accordo segreto con gli stessi militari racchiuso nella formula: il Paese ai Fratelli Musulmani in cambio di un salvacondotto a Tantawi. Quest?ultima ipotesi preoccupa ovviamente chi vede nella mossa di Morsi un primo passo per il consolidamento di un proprio potere assoluto e la consegna dell?Egitto ad un settarismo antidemocratico senza più quei pesi e contrappesi esercitati finora dal ruolo delle forze armate come custodi della laicità delle istituzioni.Le inquietudini riguardano soprattutto il fatto che, qualora l?assemblea costituente non giungesse ad un accordo sulla nuova Costituzione, il presidente non solo deterrebbe i poteri di disporne una a sua discrezione ma potrebbe anche continuare a governare mediante decreti. Nulla è impossibile, ma a prevalere in questo momento sono le speranze ottimistiche di chi coglie nella figura di Morsi i segni di uno spiccato moderatismo. Lo dimostra il fatto che il presidente ha formato un gabinetto di Governo molto eterogeneo, nel quale trovano posto un esponente copto e politici dell?era Mubarak. Inoltre, particolare importante sul piano internazionale, Morsi starebbe continuando nella sua volontà di tener fede agli accordi di Camp David del 1979 che hanno consentito all?Egitto di vivere in pace con Israele. In quanto ai poteri assunti dal presidente, essi sono sì di vasta portata ma limitati nel tempo, mentre la stesura della Costituzione, che dovrebbe essere terminata il mese prossimo, dovrà essere sottoposta a referendum, seguito due mesi dopo da nuove elezioni parlamentari. Tutto ora dipenderà dalle prossime mosse dello stesso Morsi. In quanto presidente eletto il suo compito è di riunire un Paese diviso creando solide istituzioni democratiche. L?altra grande prova che lo attende riguarda l?economia. Finora l?incertezza che ha fatto seguito alla «primavera» egiziana non ha portato ad una fiducia degli investitori e al rilancio del turismo su grande scala. Significativo a questo riguardo è però l?annuncio diffuso ieri dell?imminente visita al Cairo di Christine Lagarde, numero uno del Fondo monetario internazionale,nel tentativo di venire incontro ad un Paese da mesi impegnato in un difficile negoziato con il Fondo per la concessione di un aiuto finanziario. «La visita riflette l?impegno dell?FMI a sostegno dell?Egitto e del suo popolo in questo periodo di transizione storica», indica una nota dell?istituzione di Washington. Da non dimenticare è inoltre il fatto che Morsi è una figura gradita all?establishment americano, che in questo momento non vede alternativa politica ai Fratelli Musulmani. Non a caso il successo elettorale del movimento è stato reso possibile anche grazie al sostegno fornito negli ultimi anni da USA e Israele allo scopo di favorire l?imporsi di una forza sunnita (la Fratellanza Musulmana) da contrapporre ad una forza sciita (l?Iran).