Il commento

Sì, ero una strega e me lo ricordo

Si può sorridere dell’ipnosi regressiva che ci farebbe ricordare eventi di vite passate - Ma solo fino a un certo punto
© Joy Marino da Pexels
Carlo Silini
30.01.2021 06:00

Vai da un signore, ti sdrai e lui piano piano ti rilassa, ti porta in uno stato di coscienza nel quale cominci ad andare indietro nel tempo. Vedi, anzi rivivi, quello che ti è successo e avevi dimenticato, o rimosso, molti anni fa. Il viaggio a ritroso nelle stagioni della vita si spinge più in là, a prima che tu nascessi, quando vivevi in un altro corpo, con un’altra storia, in un’altra epoca. Percorrendo la tua biografia pregressa sciogli i nodi esistenziali irrisolti e cominci a stare meglio.

Se fosse davvero possibile avrebbero ragione i fan della reincarnazione, per buona pace di chi ritiene si viva una volta sola o al massimo due: una qui e l’altra sperabilmente in Paradiso.

Ma il vero problema non è religioso, è filosofico. Sorridiamo delle elegantissime signore sdraiate sul sofà che si affliggono a occhi chiusi rivivendo il rogo a cui erano state condannate da un algido inquisitore del Cinquecento. Non ridiamo però – giustamente - di altre credenze, assai più diffuse e accettate ma non meno indimostrabili, come la certezza di una vita oltre la morte. D’accordo, da una parte c’è il paranormale e dall’altra la religione, ma dal punto di vista della verificabilità delle teorie non c’è molta differenza.

E la scienza cosa dice? Sul portale di psicologia e neuroscienze “Psicologia24”, leggiamo che l’ipnosi (ma non si specifica se si tratti di quella regressiva) è ritenuta dalla maggior parte dei clinici “una tecnica terapeutica efficace per la cura di una vasta gamma di condizioni mediche, tra cui il dolore cronico, l’ansia e i disturbi dell’umore”. Verrebbe poi utilizzata “per modificare alcune abitudini malsane, come ad esempio la dipendenza da nicotina”. Con un’importante controindicazione: “in media il 10% degli individui è altamente sensibile all’ipnosi, mentre il restante 90% si divide tra chi lo è in maniera più blanda e chi non lo è affatto”. Forse è l’effetto placebo. Ovvero: se ci credo funziona. Se da bambino mia mamma mi dà una ”pastiglia” fatta con la mollica del pane per farmi dormire, io la mangio e poi dormo.

Questione di fede, insomma. A maggior ragione, viene da pensare, nel caso dell’ipnosi regressiva che si basa sul dogma della catena delle vite. Indimostrabile, ma creduta da molti. Forse perché da qualche parte intuiamo che la nostra esistenza “contiene” davvero vite passate. Siamo o non siamo il risultato dell’evoluzione, il terminale di una catena di esistenze che si è sviluppata nei secoli forgiando il nostro DNA, le caratteristiche genetiche che ci costituiscono, dalla statura al colore dei capelli? Siamo o non siamo il risultato finale della fame, della sete, dello stile di vita dei nostri antenati? In me c’è qualcosa del mio trisavolo. In mio nipote ci sarà qualcosa di me. Non è reincarnazione, ma esiste un filo che attraversa la storia e io sono una perla su quel filo. La vita mi precede, mi attraversa e trasmetterà qualcosa di me lungo quello stesso filo.

C’è un filo che attraversa la storia e io sono una perla su quel filo. La vita mi precede, mi attraversa e trasmetterà qualcosa di me lungo quello stesso filo.

E poi c’è il nodo filosofico irrisolvibile: gli ipnotisti regressivi non possono dimostrare di far rivivere ai pazienti le loro vite passate, ma la scienza non può pronunciarsi su ciò che per definizione le sfugge, come la fede, la religione e il paranormale. Non credo all’ipnosi regressiva, ma – se non ci sono di mezzo truffe conclamate e saccheggi da Mago Oronzo - l’atteggiamento più scientifico nei suoi confronti è la sospensione del giudizio, non la condanna.