La giornata

Sostituzioni e gerarchie

Mattia Croci-Torti è tra i fan più convinti delle cinque sostituzioni. Pochi allenatori, d’altronde, avversano quello che doveva essere un palliativo pandemico ed è invece diventato legge proprio grazie alla lobby dei tecnici e alla schiera dei modernisti
Massimo Solari
03.10.2022 06:00

Mattia Croci-Torti è tra i fan più convinti delle cinque sostituzioni. Pochi allenatori, d’altronde, avversano quello che doveva essere un palliativo pandemico ed è invece diventato legge proprio grazie alla lobby dei tecnici e alla schiera dei modernisti. Riavvolgendo il nastro della partita con il Servette, l’allenatore momò ha menzionato una volta di più l’importanza di questa arma. «Purché chi viene tolto in corso d’opera comprenda che non si tratta di una punizione per una brutta prestazione, ma di un fattore per far svoltare una partita». Già, tutto molto bello e strategico. Ma vai comunque a convincere chi - nel bene o nel male - si porterebbe a casa anche il pallone. Questa riflessione, per altro, ne genera un’altra. Forse ancor più pertinente in casa Lugano. Parliamo di gerarchie. E parliamo altresì della metamorfosi - o se preferite del processo di crescita - del collettivo bianconero. Per avere la meglio della seconda forza del campionato, il Crus ha puntato su una formazione che per 6/11 rinnegava il passato. Sì, sei nuovi acquisti su undici: Mai, Doumbia, Bislimi, Mahou, Steffen e Babic. Potevano essere addirittura sette, se il 23.enne Arigoni fosse stato al meglio fisicamente. In questo caso, a doversi sedere in panchina sarebbe verosimilmente stato il 36.enne Ziegler. Un pezzo da novanta, insomma, come lo sono Bottani e Celar che - acciaccati - ieri hanno dovuto alzare bandiera bianca. E no, la squadra, non sembra averne risentito oltremodo. Aspettate, calma: lungi da noi suggerire l’insuggeribile. E cioè che del fantasista e del bomber del Lugano, così come del suo difensore più esperto, si possa fare a meno. Guai. Piuttosto, vogliamo chiarire che, presto o tardi, potrebbero imporsi delle scelte forti. Non indolori, anche. Perché le cinque sostituzioni sono una cosa, le gerarchie un’altra.