Commento

Sull'economia il fardello dei dazi americani

È sbagliato cercare di sminuire il peso delle mosse di Trump, che chiaramente rappresentano un freno per la crescita economica internazionale
©Mark Schiefelbein
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
09.08.2025 06:00

Il fardello dei dazi americani si farà sentire su tutti, sui Paesi colpiti e sugli stessi Stati Uniti. È sbagliato cercare di sminuire il peso delle mosse di Trump, che chiaramente rappresentano un freno per la crescita economica internazionale. Da più parti si tenta di far passare come in fondo non gravi gli aumenti dei dazi USA. Arrivano singolari inviti a non drammatizzare anche da quanti su molti temi hanno avuto sin qui posizioni catastrofiste e che ora sono stranamente quasi ottimisti. È il guaio di quando l’analisi economica viene sottomessa alle ideologie, o semplicemente alle antipatie o simpatie politiche. Per i molti a cui Trump piace, al di là e al di qua dell’Atlantico, ora quello che lui fa va bene comunque, tutt’al più dicono che è poco dannoso. Purtroppo non è così, i danni non saranno piccoli, anche nella migliore delle ipotesi.

Rimaniamo ancorati allo scenario economico. A fine luglio il Fondo monetario internazionale ha pubblicato l’aggiornamento delle sue previsioni. Per la crescita economica mondiale, l’FMI ha indicato 3% per il 2025 e 3,1% per il 2026. Questo dopo la crescita del 3,5% del 2023 e del 3,3% nel 2024. Il Fondo ha mitigato le stime precedenti sul rallentamento, tuttavia non c’è da brindare. Ancor più se si considera che in questi primi giorni di agosto il quadro degli spropositati dazi USA si è fatto ancora più fosco. Se queste previsioni, autorevoli, trovassero conferma nella realtà, rispetto al già non brillante 2024 ci sarebbero 0,3 punti di crescita in meno nel 2025 e 0,2 punti in meno nel 2026. Lo zero virgola non deve trarre in inganno, dietro queste percentuali ci sono somme ingenti di Prodotto interno lordo. Difficilmente si può pensare che le cose vadano meglio di quanto ipotizzato dall’FMI. Mentre non si può escludere che la spirale dei dazi contribuisca a frenare in modo ancor maggiore la crescita globale.

Si può obiettare che il PIL mondiale non è colpito solo dal nuovo protezionismo USA, bensì anche da altri fattori rilevanti, tra i quali soprattutto le tensioni geopolitiche e i conflitti bellici. Ciò è vero, ma è altrettanto vero - molte esperienze del passato lo insegnano - che all’aumento dei dazi e ai maggiori ostacoli ai commerci si dovrà una quota dell’ulteriore rallentamento economico. La maggior parte delle economie nel mondo ha mostrato una resilienza anche superiore alle aspettative nei confronti del post pandemia e delle tensioni geopolitiche. Tuttavia, viste appunto le tensioni geopolitiche e le perduranti incertezze economiche, non si sentiva certo il bisogno di aggravare il quadro con un’offensiva dei dazi come quella attuata dal presidente USA Trump, che ne porta la responsabilità.

Tornando all’aggiornamento dell’FMI sulle previsioni di crescita, per gli Stati Uniti viene indicato un aumento del PIL dell’1,9% per il 2025, dopo il 2,8% del 2024. Il rallentamento americano per quest’anno sarebbe dunque di ben 0,9 punti rispetto all’anno scorso. Vedremo se la frenata dell’economia USA sarà di questa entità o no, per ora c’è da registrare che la stragrande parte degli analisti prevede comunque una velocità nettamente minore nel 2025 anche per il motore americano. E, di nuovo, è difficile pensare che i dazi non c’entrino nulla con questo più che probabile colpo di freno. La Svizzera dal canto suo secondo quanto detto in giugno dalla Segreteria di Stato dell’economia doveva crescere dell’1,3% nel 2025, al netto degli eventi sportivi, dopo l’1% del 2024. Molte previsioni di istituti di ricerca in questi giorni indicano però che l’impatto negativo dei dazi USA sul PIL elvetico potrebbe essere tra 0,3 punti e 1 punto, a seconda del livello finale delle tariffe americane. La Svizzera e le sue imprese certamente cercheranno di fare i passi necessari per evitare una recessione. È più che auspicabile che si rafforzino gli accordi di libero scambio con e tra i molti Paesi che non condividono il protezionismo trumpiano. Nel frattempo, i dazi USA qualche danno non secondario lo faranno.

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