Superare i complessi del derby per battere l'avversario

Dieci giorni fa, alla vigilia della prima di Uwe Krupp sulla panchina bianconera, l’Ambrì Piotta aveva un vantaggio di sette punti sul Lugano. Alla vigilia dell’ultimo derby stagionale – ma sarà davvero l’ultimo? – il distacco si è ridotto a un solo punticino e i biancoblù hanno pure disputato una partita in più. Chi l’avrebbe mai detto? Con il coach tedesco, Thürkauf e compagni hanno decisamente cambiato marcia e ora soffiano sul collo di una squadra leventinese che comunque, in questo breve lasso di tempo, ha sempre dimostrato di essere viva. La fetta biancoblù del cantone teme però un beffardo sorpasso in classifica. Un pessimismo figlio delle tante occasioni perse negli anni nelle sfide davvero importanti con i bianconeri: l’ultima, ovviamente, nella partita casalinga dei play-in della passata stagione. Delusioni che possono lasciare il segno anche nella mente di chi scende in pista. Già, alla Gottardo Arena l’Ambrì Piotta sarà soprattutto chiamato a battagliare contro i suoi demoni, contro i complessi di inferiorità nei confronti del Lugano. La formazione di Luca Cereda vorrà dimostrare soprattutto a sé stessa di essere cresciuta, a livello mentale. Non può più accontentarsi – e questo è un discorso che va oltre il derby – di punticini raggranellati qua e là al termine di una marea di overtime. Ben difficilmente la squadra con meno vittorie piene entro i sessanta minuti può sperare di ambire ad un posto nei play-in. Questo è l’Ambrì più forte degli ultimi anni, lo ha affermato senza mezzi termini pure il presidente Filippo Lombardi e rimanere fuori dai giochi che contano sarebbe uno smacco. La lunga crisi bianconera ha in parte distolto l’attenzione dalle magagne leventinesi: un sorpasso da parte di un Lugano che sembrava in fin di vita potrebbe allora avere ripercussioni pesanti sul morale di Pestoni e compagni.
Alla Cornèr Arena di colpo è invece tornato il sereno, nonostante una classifica che non può ancora lasciare tranquilli. Il rinato entusiasmo è umano e comprensibile, anche se per certi versi eccessivo alla luce di ciò che è stata fino ad oggi – anzi, fino a dieci giorni fa – la stagione bianconera. Nessuno deve e può dimenticarsi di quel Lugano senza cuore e senz’anima, travolto dagli eventi, che solo e soltanto la dirigenza bianconera vedeva colpevolmente ancora in grado di risollevarsi con la precedente guida tecnica. È inutile nascondersi dietro a un dito: il cambio in panchina è arrivato tardi. Troppo tardi? Il tempo lo dirà. C’è addirittura chi ha già rivalutato le scelte di mercato del club e di Hnat Domenichelli in particolare. Ci vuole un bel coraggio. È vero, Zohorna sembra un altro giocatore, Dahlström non provoca più brividi di terrore, Sekac ha aumentato in modo significativo i giri del suo motore. Meglio tardi che mai, si dirà. Ma dove erano questi giocatori da fine settembre a metà gennaio? Bastano davvero una decina di partite fatte bene per dimenticare gli orrori visti negli ultimi tre mesi? Certo, ora i bianconeri hanno il diritto e il dovere di puntare con decisione ai play-in e un successo nel derby sarebbe un carburante di prima qualità per la classifica e per acquisire ulteriore fiducia nei propri mezzi. La fetta bianconera del cantone, sotto sotto, pregusta già il sorpasso: ecco, per imporsi alla Gottardo Arena il Lugano dovrà mettere da parte un eventuale eccesso di sicurezza. Non è davvero il tempo di crogiolarsi in complessi... di superiorità.
Al contrario però di quanto si voglia far credere, nonostante la sua indubbia importanza il quarto derby stagionale non deciderà il destino né dell’una né dell’altra squadra. Dopo la sfida, all’Ambrì rimarranno nove partite per terminare la stagione regolare, al Lugano dieci. Tanti scontri diretti, tanti punti in palio: con un successo nel derby, è vero, tutto sembrerà un po’ meno difficile. Almeno per una notte.