Il commento

Tagliare i tassi d'interesse oppure i posti di lavoro?

Il rallentamento economico dei nostri principali partner commerciali inizia a ripercuotersi sull’economia svizzera
Giovanni Barone Adesi
Giovanni Barone Adesi
03.02.2024 06:00

Il rallentamento economico dei nostri principali partner commerciali inizia a ripercuotersi sull’economia svizzera. Questo rallentamento è dovuto agli aumenti dei tassi, necessari per contenere l’inflazione, seguita alla politica monetaria scelta per contrastare la pandemia e le crisi geopolitiche.

La pandemia fortunatamente è passata, le crisi geopolitiche sembrano intrattabili, minacciano di estendersi, aggravando la congiuntura economica nei Paesi con i quali commerciamo. Il perdurare di tassi d’inflazione più elevati degli obiettivi scoraggia d’altra parte il ricorso a politiche monetarie più flessibili in questi Paesi.

La Svizzera è riuscita a contenere l’inflazione meglio degli altri Paesi, vendendo parte delle sue ingenti riserve valutarie per rafforzare il franco. Questo rafforzamento ha consentito di contrastare gli aumenti dei prezzi dell’ingente quantità di merci che la nostra piccola economia aperta acquista all’estero.

Il processo inflattivo nei Paesi vicini non è stato accompagnato da un pari adeguamento del costo del lavoro. Il risultato è stato una diminuzione dei salari reali. Questa diminuzione dei salari reali non è avvenuta in pari misura in Svizzera perché, essendo l’inflazione moderata, sarebbe stato necessario tagliare le retribuzioni nominali, operazione sempre improba.

La debolezza dei nostri clienti ha incontrato così costi per loro più alti delle esportazioni svizzere, che le aziende sono riuscite ad assorbire solo in parte. Queste difficoltà sono più marcate in settori industriali che operavano già prima con margini modesti. Queste aziende stanno cercando di mantenere i loro livelli occupazionali ricorrendo a riduzioni dell’orario di lavoro, ma le riduzioni non possono rappresentare una soluzione permanente del problema. Sarebbe inevitabile che il perdurare di una crisi della domanda estera porti a un taglio di posti di lavoro in Svizzera.

Il rafforzamento del franco negli ultimi mesi del 2023 ha accentuato queste difficoltà, non essendo le aziende in grado di assorbire velocemente questa rivalutazione del cambio.

È giunto pertanto il momento di chiedersi se questa politica monetaria, che ci ha servito bene negli anni passati, sia ancora la scelta migliore oggi. Il suo obiettivo principale, il contenimento dell’inflazione entro il tasso del 2%, è stato raggiunto. La debolezza della congiuntura internazionale rende improbabili nuove tensioni sui prezzi delle merci che importiamo nel prossimo futuro. Una modesta riduzione dei tassi d’interesse faciliterebbe un indebolimento moderato del franco, alleviando le difficoltà dell’economia elvetica. Come sempre, la virtù è nella moderazione e nell’attenzione all’evoluzione della congiuntura internazionale, più che mai carica d’incognite.