«Tories» e «Whigs» insieme

Gran Bretagna: alla fine è prevalso il pragmatismo
Gerardo Morina
Gerardo Morina
12.05.2010 05:01

di GERARDO MORINA - Dopo ripetuti balletti e corteggiamenti da parte di conservatori e laburisti per aggiudicarsi l?appoggio dei liberaldemocratici, alla fine è prevalso il pragmatismo. Avendo visto fallire platealmente le proprie trattative anche dopo il gesto sacrificale di Gordon Brown che lunedì sera aveva annunciato le future dimissioni da leader del partito, i laburisti britannici hanno gettato la spugna. Le loro proposte non hanno funzionato né era vista positivamente la posizione di Brown che, se non si fosse poi ieri fatto da parte, avrebbe continuato a fare il primo ministro cercando disperatamente di formare un governo pur risultando il leader perdente nelle recenti elezioni, vinte invece (ma senza maggioranza assoluta) dai conservatori di David Cameron.A questo punto Cameron si è vista spianata la via per entrare al numero 10 di Downing Street grazie alla formazione di una maggioranza a Westminster con i lib-dem di Nick Clegg. Il pragmatismo vuole che, per reciproci vantaggi, i successori rispettivamente dei «Tories» e dei «Whigs» del Settecento-Ottocento (anche se nessuno dei due partiti corrisponde più se non in parte a quelle antiche connotazioni) formino oggi un tandem dando vita a un governo di coalizione. Si tratta tuttavia di un?unione puramente di comodo e lontana da una omogeneità di posizioni. Ai conservatori di Cameron preme non soltanto la necessità di realizzare una maggioranza numerica, ma anche l?esigenza di unirsi ad una forza con la quale perseguire l?obiettivo principale di rimettere in sesto lo stato delle finanze pubbliche nazionali. Per allettare i lib-dem Cameron è parso disposto a fare concessioni su scuola, ambiente e tasse. I liberal-democratici avrebbero anche strappato la promessa dei conservatori di indire un referendum sul cosiddetto Voto Alternativo (AV), che non è proprio la riforma elettorale in senso proporzionale che Clegg chiedeva, ma qualcosa che si avvicina a tale obiettivo. Tecnicamente funziona così: il voto alternativo prevede che i candidati vengano elencati dagli elettori in ordine di preferenza e chi supera il 50 per cento dei consensi vince. Se nessuno dei candidati dovesse superare la fatidica soglia, si passerebbe all?eliminazione dell?ultimo arrivato con relativa redistribuzione dei voti tra i candidati rimasti. Il procedimento si ripete sino a che un candidato non raggiunge la maggioranza assoluta nel seggio.Fatto l?accordo Con-lib-dem, occorrerà poi vedere su quali basi e per quanto tempo esso sarà in grado di durare, considerando le divergenze che permangono nei due partiti in molti campi, tra cui i rapporti dei cittadini verso lo Stato e soprattutto le relazioni del Paese con l?Unione europea (tanto è euroscettico Cameron quanto euro-favorevole Clegg).L?ultimo patto politico in ordine di tempo stretto dagli allora liberali britannici risale al 1977-78 quando il partito di David Steel venne in soccorso del governo in minoranza del laburista James Callaghan. Quest?ultimo promise ai liberali un ruolo consultivo in cambio di una coalizione «lib-lab» che potesse evitare elezioni generali prima di una ripresa dell?economia. Ma dopo 15 mesi, i liberali abbandonarono il patto. Calaghan divenne sempre più debole, cadde e si aprirono le porte per il governo Tory dell?energica Margaret Thatcher.