Torna la persecuzione dei cristiani

di ALESSANDRO LETO - Passate le feste e consumati i riti tradizionali della cristianità, da noi in occidente si ripiomba come di consuetudine nella solita quotidianità, con il rischio di prestare poca attenzione ad alcune notizie che ci giungono da altre parti del mondo e che ci illustrano fatti di cronaca sconcertanti. Fra queste, una in particolare si ripropone con pericolosa frequenza, cioè la ricorrente mattanza di cristiani. Si tratta di un fenomeno che si è drammaticamente acuito nel corso di questi ultimi due anni e che si è propagato rapidamente all?interno di società che hanno visto calare sensibilmente la loro soglia di tolleranza. Non vi è solo il caso del Pakistan, dove dichiararsi cristiani equivale ad una pericolosa emarginazione dalla vita sociale, ma pure in Malesia, Egitto, India l?intolleranza verso i fedeli di Cristo rischia di assumere i connotati di una vera e propria caccia all?uomo. Le motivazioni sono diverse, e purtroppo sono trasversali a seconda delle aree e dei paesi, ma la ragione di fondo è sempre la stessa, cioè quell?intolleranza, quella diffidenza intrisa di odio nei confronti dell?altro, del diverso, di chi si caratterizza per uno stile di vita non conforme a quello corrente dominante della maggioranza. Non è solo discriminazione religiosa questa tendenza pericolosa che riaffiora ciclicamente in molte aree del mondo, perché affonda le sue radici anche nel conformismo sociale che tende a difendere dalla contaminazione esterna i tratti caratteristici delle rispettive costruzioni sociali, che rifiutano ogni alterazione delle proprie tradizioni e costumi. È qui che risiede il pericolo più grave per le future prospettive di stabilità del nostro pianeta, in questa perversa saldatura fra discriminazione religiosa ed emarginazione sociale, con buona pace di chi pensava che questi tratti oscurantisti del passato fossero tramontati. Una possibile chiave di lettura per interpretare le radici di questo pericoloso processo in atto, è da individuarsi nella progressiva secolarizzazione proprio di quelle società che si sono date ordinamenti direttamente riconducibili ai dogmi professati dalle rispettive religioni di riferimento. L?aver incardinato negli ordinamenti legislativi e nelle consuetudini di vita, aspetti, dogmi, riti ed usanze tipiche di una comunità fideisticamente omogenea, erige una barriera effettiva contro i processi di globalizzazione in atto, perché costringe quelle stesse società a rinchiudersi in loro stesse, emarginando ed intimidendo ogni forma di diversità, anche quelle presenti sul territorio da tempi immemorabili, solo perché minoranze appunto. Ecco quindi che la religione smette i panni di ispiratrice delle coscienze, ovviamente anche politiche, e diviene parte in causa determinando criteri di appartenenza troppo restrittivi per includere gruppi minori. È curioso notare poi, come ancora oggi la religione ammanti di sé cause ben poco nobili, che portano fino all?epurazione dei propri confratelli, come nel caso dei recenti eccidi in massa di Imam in Afghanistan da parte dei talebani, che non tollerano le prediche dei religiosi mussulmani tradizionali impegnati a ricordare come l?Islam sia contrario alla diffusione ed al consumo della droga. Ma, essendo i talebani i signori incontrastati del traffico di oppio nelle valli fra Pakistan ed Afghanistan, non possono permettersi alcuna concessione sui loro loschi interessi e quindi liquidano la vicenda a modo loro. Il caso dei cristiani perseguitati, quello che ci interessa più da vicino, ha radici antiche, ma risente purtroppo di questa influenza nefasta che sale da quelle società, rese intolleranti ed egoiste, che non si sono accorte di aver pericolosamente confuso fra loro la dimensione religiosa e le strutture sociali. I riti cristiani più antichi sono paradossalmente quelli oggi più colpiti, proprio perché vengono professati in quelle terre dove più alti sono il livello di intolleranza e di chiusura raggiunti. E quindi la situazione si è aggravata, ecco perché a difesa di queste comunità di uomini e donne che hanno il coraggio di vivere quotidianamente la loro fede in un clima di crescente intimidazione, noi dobbiamo far sentire la nostra vicinanza. E questo lo si può fare con la buona politica, quella che include nelle agende dei vertici internazionali anche la questione dei diritti negati, possibilmente senza subordinarla ulteriormente ad altri interessi, magari di natura puramente economica. Per questo oggi è opportuno legare il fenomeno della persecuzione dei cristiani alla questione ancora irrisolta del rispetto dei diritti umani, perché solo così potremo dare continuità alla nostra azione in loro difesa, anche a tutela dei nostri interessi di domani. Gli abitanti europei sono circa cinquecento milioni ed in un mondo che nel corso del prossimo decennio ne conterà circa 8 miliardi, siamo e saremo minoranza: l?unico modo che abbiamo per sfuggire alla logica dei grandi numeri che ci vedrebbe sconfitti in partenza, è costruire un mondo più aperto ed autenticamente libero. Altrimenti rischieremo noi domani, il destino precario vissuto oggi dai cristiani in certe aree del mondo.