Tra garantisti e forcaioli di ieri e di oggi

Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
14.05.2014 06:00

di FABIO PONTIGGIA - Quando un'inchiesta penale tocca i responsabili di un ente pubblico è difficile non reagire di pancia. Eppure, se vogliamo continuare a restare nella civiltà giuridica e alla larga dalla barbarie forcaiola (soprattutto da quella selettiva), dobbiamo far valere sempre il principio della presunzione d'innocenza fino a quando il tribunale competente non emette la sentenza, dopo l'accertamento dei fatti e delle responsabilità delle persone.
Anche nel caso dell'inchiesta che coinvolge ora i vertici della Banca dello Stato del Cantone Ticino la testa deve avere la meglio sulla pancia, la serenità di giudizio sull'impazienza sanzionatoria, la coerenza dell'imparzialità sulla partigianeria ipocrita, rancorosa e vendicativa. Sarebbe fin troppo facile stare a questo secondo perverso gioco considerati i personaggi che, sul piano aziendale e politico, rispondono al Paese per l'andamento della banca cantonale, dal presidente del Consiglio di amministrazione Fulvio Pelli alla consigliera di Stato competente Laura Sadis. In situazioni analoghe verificatesi in passato c'era stato chi, ai vertici del Partito liberale radicale, per secondi fini di natura esclusivamente politica aveva vaneggiato su presunte «responsabilità oggettive» del ministro di turno. Ma nel nostro Stato di diritto e nella nostra concezione liberale della giustizia non c'è spazio per l'applicazione di principi così illiberali, degni solo dell'oscurantismo totalitario.
Per questa ragione le richieste di dimissioni rivolte da sinistra al presidente di BancaStato Fulvio Pelli sono del tutto fuori posto. Almeno fintantoché la giustizia non dovesse provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, una sua diretta e personale responsabilità nel pasticcio del mandato esterno alla ditta che cura i servizi logistici della banca cantonale. Un'ipotesi che oggi appare del tutto priva del benché minimo fondamento. La competenza decisionale in questo ambito non spetta infatti al Consiglio di amministrazione (e men che meno al Dipartimento delle finanze e dell'economia, che non mette becco nella gestione aziendale).
Il pasticcio c'è stato: se di rilevanza penale per il direttore generale Bulla e il direttore Arrigoni, come detto, ce lo diranno magistrati e giudici. Certo, il salto mortale carpiato con avvitamento per il mandato esterno milionario, passato disinvoltamente dalla ISS Facility Services alla FaciliTI SA quando il direttore della prima ha deciso di metter su la nuova ditta premurandosi di tenere i piedi al caldo, non depone a favore della serietà di chi ha preso la decisione, né tantomeno dà lustro alla banca in quanto tale. E la fiducia incondizionata rinnovata dal Consiglio di amministrazione verso i due dirigenti reputati di «provata correttezza» appare, a questo stadio dell'inchiesta, azzardata tanto quanto le frettolose condanne pronunciate dal fronte opposto, che ha sollecitato misure disciplinari cautelative (sospensione). Per ora, comunque, in relazione alla posizione dei due direttori e al rapporto tra costoro e il CdA, siamo sul terreno della mera opportunità, un criterio del tutto soggettivo, che ognuno può stiracchiare e piegare a proprio uso e consumo, in base alla farisaica logica dei due pesi e delle due misure, come è stato fatto abbondantemente e sistematicamente in passato, a dipendenza delle simpatie o antipatie politiche nutrite nei confronti dei politici e dei dirigenti coinvolti.
Questo nuovo e poco edificante caso ripropone invece il problema di fondo per BancaStato: l'eccessiva prossimità della politica, dei partiti, all'istituto. Un nodo non facile da sciogliere, perché la banca è pubblica, ha la garanzia statale (cioè dei cittadini contribuenti) e un mandato stabilito dalla legge. Tuttavia le interferenze dei partiti troppe volte sono andate oltre il limite della decenza. La scelta stessa di attribuire a suo tempo la presidenza del Consiglio di amministrazione ad un presidente nazionale di partito, indipendentemente dalle capacità di quest'ultimo, è discutibilissima. Oggi almeno questo aspetto è superato, visto che Fulvio Pelli ha lasciato la politica attiva. Però il fiato dei partiti sul collo della banca è ancora ben percepibile. E il rischio che il pasticcio sul mandato esterno per i servizi logistici e l'inchiesta penale che ne è scaturita lo alimentino ancor più è concreto. Senza alcuna garanzia che questo riduca i rischi di comportamenti dubbi o addirittura illegali. La Banca dello Stato si appresta a celebrare l'anno prossimo i cent'anni dalla fondazione. C'è da sperare che la politica non le faccia un brutto regalo di compleanno.