Trump l'incendiario: sotto il cappellino niente

Israele ha lanciato un attacco senza precedenti contro l’Iran, bombardando siti nucleari e uccidendo, oltre a diversi scienziati che lavoravano al programma di arricchimento dell’uranio, alcune delle più alte cariche dello Stato: Hossein Salami, comandante delle Guardie rivoluzionarie, Mohammad Bagheri, capo dell’esercito regolare, Gholamali Rashid, vice comandante dell’esercito, nonché il consigliere politico del leader Ali Khamenei, Ali Shamkhani. Un attacco, quello dello Stato ebraico, che non rimarrà impunito, ha subito avvisato Teheran, rispondendo con centinaia di droni e promettendo vendetta.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump era stato avvisato dell’attacco dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, nonostante lo stesso tycoon avesse cercato di farlo desistere per non far saltare i negoziati sul nucleare previsti per domenica prossima. Allargando il campo, sembra destinato a svanire anche un possibile cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, chiesto ieri a gran voce dall’Assemblea Generale dell’ONU, con una risoluzione respinta da soli 12 Paesi, tra cui, neanche a dirlo, Israele e gli Stati Uniti.
L’attacco contro l’Iran segna una gravissima escalation in Medio Oriente, nonché una palese violazione del diritto internazionale, tant’è che gli USA – ad oggi sempre al fianco di Israele – si sono affrettati a negare il proprio coinvolgimento. Si tratterebbe di un’azione unilaterale di Israele, senza l'intervento degli americani, anche se Trump ha giustificato il bombardamento sui siti nucleari, affermando che l’Iran «non può avere la bomba atomica». Il rischio, ora, è che gli USA vengano direttamente coinvolti nel conflitto mediorientale. Uno scenario da brividi, se si pensa alla catastrofica situazione del popolo palestinese, privato degli aiuti umanitari delle organizzazioni internazionali, ora gestiti dalla controversa Gaza Humanitarian Foundation.
Gli Stati Uniti, dicevamo, sapevano dell’attacco. E mentre questo si consumava, Trump stava ospitando il picnic annuale alla Casa Bianca. Immaginiamo una scena tragicomica, come quando durante l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, il tycoon osservava quelle drammatiche immagini in TV sorseggiando una Pepsi.
Il presidente USA ha fatto sapere di sperare ancora nei negoziati con l’Iran, ma francamente un accordo sembra ormai un miraggio. Trump il pacifista, l’uomo che per mesi ha accusato il suo predecessore Joe Biden di non esser riuscito a evitare la guerra in Ucraina, rischia ora di portare gli Stati Uniti in un conflitto con l’Iran, mentre una tregua tra Kiev e Mosca si allontana sempre di più. Il tycoon, durante la campagna elettorale, aveva promesso di porre fine al conflitto in 24 ore. Dal 20 gennaio, giorno dell’insediamento alla Casa Bianca, non solo non c'è stato alcun miglioramento in Ucraina, ma la situazione ha addirittura raggiunto nuovi livelli di brutalità. Oggi la cronaca parla di attacchi record di droni e missili russi sulle città ucraine e un aumento delle vittime civili. Tutto questo mentre gli USA chiedono timidamente a Vladimir Putin una tregua. Il presidente russo tiene il suo omologo americano in un taschino come fosse una vistosa pochette. A poco sembrano servire i rari attacchi del tycoon allo «zar»: «Putin è impazzito», aveva affermato dopo l’ennesimo bombardamento su Kiev. Parole cadute nel vuoto, che probabilmente hanno strappato qualche sorriso tra i funzionari del Cremlino. Un lassismo nei confronti di Putin che viene contestato pure dai fedelissimi del leader americano, i quali vorrebbero sanzioni più severe contro l’indomabile orso russo.
In questi mesi, il presidente USA è riuscito a portare a casa solamente un accordo sulle terre rare ucraine, mostrandosi, ancora una volta, un abile imprenditore, piuttosto che un politico. Un do ut des per tenere buono il popolo MAGA, cavalcando la storiella sul riprendersi i miliardi di dollari spesi per armare l’Ucraina, mentre ora le armi a stelle e strisce nutrono l’arsenale israeliano. Il leader di Kiev Volodymyr Zelensky, negli scorsi giorni, ha denunciato il dirottamento verso il Medio Oriente di 20 mila missili anti-droni che avrebbero dovuto difendere i cieli ucraini. A Trump evidentemente interessa di più sostenere l'amico «Bibi», magari realizzando il delirante progetto di trasformare la Striscia di Gaza in un resort di lusso.
Gli Stati Uniti, da tempo, non riescono più ad essere l'ago della bilancia del mondo. Se con Biden le polveriere sono esplose, con Trump l'incendio è totalmente sfuggito di mano: oltre alle gravi escalation sulla mappa geopolitica, stiamo assistendo pure a scenari da guerra civile nelle città americane, dove da giorni divampano feroci proteste contro le misure anti-immigrazione.
Per la cronaca, qualche ora prima dell’attacco israeliano all’Iran, Trump era impegnato a gettare ulteriore benzina sul fuoco in California, abrogando le misure statali sui veicoli elettrici. Un'altra scena tragicomica, che va ad unirsi alla discutibile battaglia ideologica con l’Università di Harvard, alle ripicche economiche verso la Cina, alle minacce di dazi imposti a Paesi storicamente alleati o, ancora, allo spauracchio di azioni militari contro la Groenlandia e Panama (ieri il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha fatto sapere che i piani per invadere i due Paesi sono già pronti).
Sotto quel cappellino MAGA indossato con tanta fierezza, c’è un uomo che guarda il mondo bruciare, magari sorseggiando una Pepsi. Di certo non il leader di un’America «great again».