Un fallimento sovrano per la Grecia

di PAOLO PAMINI - Malgrado il freddo che da settimane attanaglia l?Europa, questi sono giorni molto caldi per il progetto politico europeo. Al di là della quotidiana retorica, parecchi indizi lasciano presagire che il caso greco rischi di fare da catalizzatore verso la creazione di un vero e proprio Stato sovrano europeo. Ricordiamo che secondo la Commissione europea un accordo con la Grecia va raggiunto in tempi rapidi per dare sufficiente tempo alla preparazione delle prossime misure di salvataggio. Il 20 marzo, infatti, la Grecia dovrà ripagare ai suoi creditori 14 miliardi di euro. Finanziandosi presso la Banca centrale europea, negli scorsi anni molte banche commerciali europee hanno comprato in massa i titoli del tesoro greco e se questo dovesse rifiutarsi di ripagare i crediti si prospetterebbe una seconda crisi bancaria ancor peggiore del 2008. Per liberare i nuovi aiuti finanziari europei, Bruxelles ha chiesto alla Grecia ulteriori sacrifici finanziari: un taglio del 22% dei salari minimi da 751 a 600 euro al mese, una riduzione del 15% delle pensioni e la cancellazione di 15.000 posti di lavoro pubblici entro fine 2012. Le tensioni politiche in Grecia sono ben comprensibili pensando alle elezioni greche che si terranno in aprile.Senza negare che la causa prima di tutto questo caos è lo statalismo selvaggio di uno Stato sociale cresciuto in Grecia oltre ogni limite del buon senso, ciò che dovrebbe far riflettere sono due trend. Da una parte si solidifica il principio già sperimentato negli USA e in Irlanda secondo cui la collettività (ovvero i cittadini contribuenti) e non gli azionisti devono sostenere le perdite finanziarie delle banche che hanno mancato di fare i dovuti controlli in sede d?investimento. Il secondo trend è usare la crisi greca come grimaldello per far saltare la sovranità dei Paesi membri dell?UE. Entrambe queste tendenze sono coerenti con l?interesse politico di aumentare il potere statale europeo e molto negative in un?ottica liberale classica di concorrenza dei sistemi.Portato al suo estremo, il primo trend implica la nazionalizzazione del sistema bancario europeo: con la scusa di garantire la stabilità finanziaria, assisteremmo alla realizzazione del sogno politico di controllare ogni minima transazione (si pensi alla conseguente esplosione del prelievo fiscale). Tale tendenza è già osservabile in più Stati europei, tra i quali l?Italia.Il secondo trend è invece meno palese. Fa riflettere la volontà di non ristrutturare il debito pubblico greco nella misura tollerabile dalle finanze pubbliche del Paese e cancellando il resto del debito come fallimento vero e proprio, cosa storicamente sempre fatta in questi casi (gli interessati vedano 500 anni di fallimenti sovrani in This time is different di Reinhard e Rogoff). Se gli importi così cancellati fossero tanto grandi da rendere insolventi le banche creditrici, si potrebbe permettere loro di ammortizzare le perdite su più anni nella misura permessa dai loro profitti. In alternativa, la BCE potrebbe iniettare liquidità direttamente nelle banche anziché nello Stato greco come ora. Se questo ancora non bastasse, la BCE potrebbe rilevare i titoli spazzatura, come già fatto dalla FED o dalla BNS nel caso dei subprime. Tutte queste misure sarebbero molto più chiare e soprattutto diminuirebbero realmente il debito pubblico greco, che è il problema a monte di tutto, permettendo alla Grecia di risalire la china. La soluzione attuale invece sta imponendo miseria alla popolazione greca e toglie fonti stabili di finanziamento dello Stato greco, come la prevista cessione forzata della lotteria di Stato. La stabilità sociale greca peggiora di conseguenza ogni giorno. Si direbbe perciò che dietro la maschera del salvataggio greco si nasconda il tentativo di trasformare la Grecia in una «provincia» dell?UE. Accanto alla carota degli aiuti europei (a dire il vero indirizzati verso le banche francesi e tedesche) segue il bastone delle nuove regole imposte da Bruxelles ai greci, incapaci di gestirsi da sé. Secondo lo stesso schema, anche Italia, Spagna e Portogallo potrebbero subire la metamorfosi in «cantoni» europei. Si ricordi che questo schema non riduce il debito pubblico, ma lo sposta al livello europeo che sarà probabilmente autorizzato a tassare: e questo è il tratto distintivo di uno Stato sovrano.Quale l?alternativa coerentemente liberale? Un vero fallimento sovrano alla vecchia maniera come descritto sopra metterebbe in riga la Grecia pur lasciandole tutta l?autonomia politica di oggi e sarebbe coerente con la visione cristiano-liberale di un?Europa che promuove libertà individuali, frontiere aperte e liberi mercati. Quell?idea di Europa che i padri fondatori Schuman, Adenauer e de Gasperi (tutti cattolici liberali di lingua tedesca) avevano ben presente quando nel 1957 firmarono il Trattato di Roma. Inoltre, anche se forse non integralmente, un fallimento sovrano greco punirebbe le banche nella misura da loro tollerabile, servendo a futura memoria. In questa alternativa visione delle cose tuttavia c?è poco spazio per i grandi sogni politici europei.