Un gentleman della finanza, un faro del Corriere

di FABIO PONTIGGIA - Il Ticino moderno deve la sua solidità ad alcune personalità che hanno badato pochissimo alle apparenze e molto, moltissimo alle realizzazioni. Poche parole, molti fatti. Anzi: fatti senza parole. Appartiene senz'altro a questa élite, nel senso più nobile del termine, Amilcare Berra. Ci ha lasciato ieri, a 97 anni di età. Un gentleman della finanza e un faro per il nostro giornale. Iniziamo da qui, perché il suo contributo al Corriere del Ticino ha dell'incredibile. Per mezzo secolo, dal 1953, Amilcare Berra ha affiancato Matilde Bonetti Soldati nel Consiglio di fondazione. Se il «Corriere» è la grande realtà di oggi, una testata di famiglia che non deve rendere conto a nessun azionista e che può fare le sue scelte in tutta indipendenza, lo deve in buona misura alle competenze, all'intelligenza, alla lungimiranza e alla concretezza che hanno sostanziato l'impegno di Amilcare Berra nella creatura di Agostino Soldati. Né fughe in avanti, né romanticismi paralizzanti: sempre il passo secondo la gamba, con determinazione, capacità analitiche fuori del comune e visioni strategiche lucidissime. Qualità sorrette da una profonda conoscenza del Ticino. Economista, lavorò per Brenno Galli alle Contribuzioni per dare al Ticino la prima grande moderna riforma fiscale. Poi entrò nel mondo bancario, fino a diventare il direttore dell'UBS. Ha traghettato la finanza nella straordinaria trasformazione di quei decenni. Per lui i conti dovevano sempre tornare. Non come fine, ma come mezzo: per progettare e realizzare. La sottocultura del debito era quanto di più lontano ci fosse dal suo modo di pensare e di agire. Com'è raro oggi questo habitus mentale. Grazie dottor Berra.