Un teschio fra Montale e D'Annunzio

Raffaella Castagnola
23.12.2014 05:05

di RAFFAELLA CASTAGNOLA - Ricordate il teschio di cristallo custodito dalla fine dell'Ottocento al British Museum di Londra? Oggetto misterioso, è un manufatto senza data e senza luogo, che ha suscitato l'attenzione di tutti, ma che ha anche fatto nascere numerosissime leggende. Al mondo ce ne sono altri simili, in musei e in collezioni private: secondo alcuni studiosi sono esemplari di epoca precolombiana, ma la loro perfetta conformazione non collima con le tecniche del tempo. Gli studiosi hanno potuto accertare che la scultura in cristallo è tagliata e lavorata con una tecnologia che non era sicuramente a disposizione degli artisti precolombiani. Gli esperti ritengono che tutti i dodici teschi conosciuti siano falsi di ottima fattura, ottocenteschi e fabbricati in Europa. Queste scoperte, frutto di indagini scientifiche, non piacciono però ai cultori di leggende, che continuano a sostenerne l'autenticità. Ed è proprio grazie alla loro tenacia che queste opere hanno alimentato la fantasia collettiva, determinando un successo inaspettato e raggiungendo il grande pubblico, anche attraverso la recente filmografia e ai suoi protagonisti nei panni di ricercatori all'avventurosa scoperta di mondi sommersi, di realtà auree e perfette, di civiltà antichissime e avanzate. Alcuni sostengono che la società ha bisogno del falso per alimentare la creatività, per dare più spazio ai sogni, per disegnare mondi alternativi. Forse è così. Ma molto più banalmente sappiamo che il falso nasce quando c'è un bisogno di mercato, quando c'è richiesta di una merce rara e di valore. Il mercato delle falsificazioni coniuga aspettative culturali e prospettive di guadagno, alimentandosi dell'ignoranza. Perché questo tema è di attualità in questi giorni? È tornato alla ribalta parlando di letteratura novecentesca, di D'Annunzio e di Montale in particolare. Sulla questione del Diario postumo di Eugenio Montale si sono ormai profilati in modo deciso in molti, portando il dibattito fuori dagli antichi schieramenti e dalle diatribe universitarie che lo avevano reso sterile negli anni. Un serrato confronto linguistico e metrico ci dice che c'è uno scarto dalla norma montaliana: ed è il sistema informatico a suggerire che si tratti di un maldestro rifacimento. Ma c'è ancora chi sostiene che sia stato lo stesso Premio Nobel a pensare di beffeggiare, in punto di morte, critici, filologi e case editrici, forse anche la sua musa ispiratrice. Comunque vada, ad alcuni poeti quei testi continuano a piacere, semplicemente perché sono entrati nella memoria collettiva. Resta però aperta la questione economica, perché negli anni la Mondadori ha pagato i diritti di pubblicazione. Se i testi non sono d'autore, chiederà un risarcimento? E ancora: se veramente si tratta di una contraffazione, la giustizia italiana potrebbe ingiungere la Fondazione proprietaria dei materiali – con sede in Svizzera – alla distruzione dei manoscritti? Dal punto di vista giudiziario e legale tutto tace, per ora, sul caso Montale. Mentre con piglio dinamico e veloce lo Stato italiano si è mosso a proposito di D'Annunzio, quando è intervenuto nell'ambito della bellissima mostra veneziana di Palazzo Fortuny dedicata alla marchesa Casati Stampa, sequestrando alcuni materiali ritenuti falsi, uno dei quali proveniente da una collezione svizzera. Stroncare le centrali di creazione e il mercato del falso è giustamente una priorità di ogni singolo Paese, condivisa da una rete internazionale. Ma qui la questione è poco chiara: una lista di oggetti di dubbia provenienza messi in vendita da una sede comasca è conosciuta da tempo. D'Annunzio attira ancora il collezionismo e dunque bisognare stare attenti alle contraffazioni: falsi autografi e oggetti esistevano quando il Vate era ancora vivente. Dunque non stupisce che su questo personaggio di rilievo della cultura italiana fra fine Ottocento e primi del Novecento si alimentino gli appetiti di molti. Di per sé i materiali sequestrati a Venezia non valgono molto; sono stati inoltre segnalati come falsi da una voce anonima, forse nemmeno autorevole. Eppure in questo caso il meccanismo del sequestro si è messo in moto celermente. Queste due realtà suggeriscono qualche domanda. La prima riguarda il prestito di opere d'arte in Italia provenienti da collezioni elvetiche: appena varcano il confine sono a rischio? Basta solo insinuare il dubbio che siano false e vengono sequestrate. Se poi le indagini dimostreranno che sono autentiche, queste stesse opere possono essere notificate come bene dello Stato italiano e dunque non ritornare in Svizzera? Il rovescio della medaglia è raccontato dal caso Montale: l'Italia indugia nell'intervenire, nel cercare di mettere un punto fermo alla questione solo perché i manoscritti si trovano fuori dal suo territorio? Insomma: fra Montale e D'Annunzio rispuntano ancora i teschi e le leggende, a dimostrazione che il tema del falso è sempre attraente.

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