Un uomo spogliatoio

In ogni squadra che si rispetti c’è lui, il compagno pazzo. Non farò il nome, ma voglio raccontarvi la storia di quello che chiameremo Divock. È ancora giovane, ma in carriera ne ha combinate più di Bertoldo. Ha fatto anche delle sciocchezze gravi, ma alla fine è impossibile non volergli bene. Iniziamo, anche se per raccontare ogni marachella servirebbe un volume delle dimensioni della Divina Commedia.
La prima. Da giovanissimo il talento non gli faceva difetto, come pure la personalità. Vedeva la porta con regolarità e una squadra blasonata di Serie A si accorse di lui, tanto da giungere in Ticino per vederlo dal vivo. In campo, però, lui non c’era. Perché? Un compagno gli aveva fatto uno scherzo e lui, per vendicarsi, aveva urinato in una borraccia. Un gesto da condannare, un peccato di gioventù e sicuramente un’azione non da baronetto inglese. Comunque, niente Serie A. Continuiamo. Purtroppo per lui non ci vede benissimo, tanto che gira con gli occhiali, ma, dice, di non riuscire a mettere le lenti a contatto. Quindi, per le partite in notturna, meglio non contare su di lui, nonostante «veda» la porta. Una volta, in una gara in trasferta, dimenticò gli scarpini. Rimediò utilizzando quelli di un amico, ma di quasi tre numeri più grandi. In quella partita subentrò, ed era pure in tarda serata, quindi le difficoltà si sommarono e la prestazione non fu indimenticabile, per la gioia del coach che in versione Graziani di Campioni si maledì per averlo gettato nella mischia. Il buon Divock, comunque, ha del talento, tanto che spesso in settimana è lui a decidere le partite di allenamento. È però più discontinuo di Recoba (senza il sinistro dell’uruguaiano) e ha una capacità di sacrificarsi pari alla voglia di Salvini di accogliere un migrante. Quindi, in settimana promette, ma poi non mantiene.
E ancora. In una delle sue prime stagioni non trovò molto spazio, ma a fine campionato il mister decise di dargli una chance. Ve lo immaginate: sveglia presto. Colazione. Passeggiatina per svegliare i muscoli. Musica per caricarsi e in campo per spaccare il mondo. Circa. Il giorno prima giocava la sua squadra del cuore. Partita importante. La serata fu lunga, tra birre e un’alimentazione non certo d’atleta. La mattina sveglia tardi e, praticamente, dopo essersi lavato la faccia fu in campo. Come andò? Non sbagliò nulla, per una volta. Non ebbe il tempo. La sua partita durò cinque minuti, in cui non toccò il pallone. Quando la sfera, per la prima volta, si avvicinò dalle sue parti, si strappò. Per terra dal dolore. Il compagno pazzo, l’istrionico Divock, è però indispensabile nelle dinamiche da spogliatoio. Forse non tutti hanno il «talento» di Divock di individuare una situazione borderline e buttarcisi a capofitto.