Una metafora del Ticino che (non)cambia

Giona Carcano
28.07.2018 04:05

Di Giona Carcano - Il FC Lugano come metafora di un Ticino che cambia pur rimanendo sempre uguale. Sono passati 110 anni esatti da quella sera alla Birreria della Posta. Quel luogo fumoso, dove i ragazzi di allora si radunavano prima di rincasare dopo la scuola o il lavoro, non esiste più. Così come non esiste più la piazza sulla quale si affacciava il locale: da piazza Liceo a piazza Dante. E il terreno da gioco, vogliamo mettere? Dal Campo Marzio, a pochi passi dal Ceresio e sul quale i pionieri bianconeri hanno dato i primi calci a un pallone di pezza, a Cornaredo, dove il profumo del lago si sente solamente in lontananza quando il vento soffia da sud a nord. «Todo cambia», cantava Mercedes Sosa. Sì. Eppure negli anni qualcosa è rimasto. Cosa? Beh, sembra ridicolo dirlo, ma lo spirito polemico e vagamente rissoso che ha accompagnato la città, Lugano, e il cantone nel suo insieme per tutti i lunghi anni della loro esistenza sembra resistere a qualsiasi generazione. Già all'epoca, quel martedì di mercato quando Ernesto Corsini e i suoi seguaci diedero vita al club, non tutti erano d'accordo sul da farsi.

Alcune settimane prima della sera della fondazione il confronto, anche acceso, si tenne su un vagone di terza classe che da Bellinzona tornava a Lugano dopo un torneo calcistico a squadre di sei giocatori (e vinto dai luganesi). Si voleva riportare in vita il «vecchio» ma oramai defunto FC Lugano e l'operazione non mancò di produrre screzi. Disaccordi poi appianati davanti a una birra o a un «tazzin» di vino, durante quelle bicchierate magistralmente raccontate da Mario Agliati nel suo «Bianconeri Bianconeri». Ed è in quelle pagine, scritte con un italiano antico quanto incredibilmente aneddotico, che vengono descritte le prime gesta del club. Le origini del calcio in una città che viaggiava a un ritmo lento, per certi versi quasi comico, perché tutto era nuovo. Le regole, dove e come giocare, quale maglia indossare. Oggi come allora c'erano discussioni, campanilismi, dispute. La ricerca di una casa, di uno stadio, era un argomento che pure cento e rotti anni fa si sentiva echeggiare per le vie cittadine. Prima il Campo Marzio, poi Cornaredo, fino a sfociare nell'attuale (ma ancora tutto da costruire) Polo sportivo e degli eventi, condizione imprescindibile posta dalla Lega per avere un domani in Super League.

Regole, imposizioni, diatribe politiche di palazzo. E polemiche. Immancabili in una realtà come la nostra, limitata nel suo volersi grande e splendida a tutti i costi. È di qualche giorno fa la disputa – che, va detto, covava da settimane sui social – fra il tifo organizzato di Cornaredo e la società bianconera. In soldoni (mai termine fu più azzeccato), la diatriba verte sul costo dei festeggiamenti che ricadrebbe per intero sul «popolino». Il biglietto per la partita di domani contro lo Young Boys verrà infatti fatto pagare anche ai possessori della tessera stagionale. Un disguido mica da ridere perché non si tratta del famoso «venti franchi» da tirare fuori dalla saccoccia. No. Si tratta di un garbuglio di metodo o, se preferite, di trasparenza nei confronti del pubblico. Nessuno, come sempre, ha ragione o ha torto. Sta di fatto che la vena polemica a Lugano pompa sempre sangue freschissimo. Anche in questo caso – curiosamente un po' come avvenuto 110 anni fa - la polemica è stata messa via a tarallucci e vino, con un incontro in un bar fra tifosi e dirigenti.

«Todo cambia» in città, salvo l'arte di montare per poi immediatamente sgonfiare polemiche e chiacchiere. Sì. La vita del club luganese è sempre stata attraversata da «casini» più o meno importanti, in tutte le epoche. Centodieci anni di storia hanno riconsegnato allo spettatore contemporaneo una società piccola, modesta, periferica ma tutto sommato sanissima. E questa società ne ha passate tante, dai titoli della prima metà del secolo scorso fino all'indimenticabile Coppa Svizzera del 1993 passando da un fallimento di proporzioni enormi per le nostre latitudini. Lugano ha conosciuto i pionieri del «football», la «grandeur» gonfiata di Jermini, piccoli e grandi campioni di casa nostra, stelle provenienti dall'estero. Fino, appunto, ad approdare a oggi, all'anniversario dei 110 anni. Un numero banale, se vogliamo, ma carico di ricordi, avvenimenti, scossoni, vittorie, sconfitte. E futuro.

Dietro al FC Lugano si nascondono tante storie ma anche un presidente che – davvero – vive come pochi altri la quotidianità della squadra. È lui, Angelo Renzetti, il primo a criticare quando le cose vanno male e a perdere la ragione cacciando allenatori a destra e a sinistra. Ma è anche il primo a lasciarsi andare in abbracci virili e sorrisi quando si vince. Emozioni. Ecco di cosa si nutre l'azionista unico. Le stesse che chiedono i tifosi alla squadra. Finché il vascello luganese sarà gestito in questo modo, state pur certi che i brividi (positivi) sapranno ancora trovare spazio a Cornaredo. Resta da capire fino a dove l'attuale proprietario sia disposto ad arrivare. E allora, tanti auguri FC Lugano.