C’è posta per l’euro

Una nuotata in incognito

La lettera di Tarcisio Bullo ai protagonisti dell’Europeo calcistico oggi è indirizzata al tecnico olandese Frank De Boer
Il tecnico dell’Olanda Frank De Boer ©Peter Dejong/Keystone
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
28.06.2021 09:02

Caro signor Frank De Boer,
sognava una nuotata nei canali di Amsterdam per festeggiare il titolo europeo dell’Olanda e invece torna a casa rinverdendo la sua fama di perdente. A questo punto, una nuotata potrà comunque farsela, ma meglio se non si farà riconoscere da nessuno quando uscirà dall’acqua con l’asciugamano sulle spalle. Non crede di aver alzato un po’ troppo l’asticella delle ambizioni, vista la squadra che si ritrovava e che contro il primo avversario di rango l’ha tradita, da de Ligt che ha preso un rosso ingenuo, a Stekelenburg che è sembrato un portiere d’albergo, passando per Wijnaldum che ieri non ha nemmeno timbrato il cartellino?
Adesso sarà sbranato dalla critica, che non le ha risparmiato nulla e non vedeva l’ora che il suo Europeo si concludesse. Se persino suo fratello Ronald (anche in Olanda conoscete il detto «parenti-serpenti?») non s’è fatto pregare per biasimare il modulo che lei ha scelto («Johan Cruyff si rivolterebbe nella tomba se vedesse giocare l’Olanda») figuriamoci cosa s’inventeranno ora i suoi più acerrimi nemici.
Le confesso che ho ammirato molto il suo coraggio e il suo aplomb, quasi commoventi. E non da adesso. Già assumere la guida dell’Olanda dopo la partenza di Ronald Koeman era stato un atto di fiducia incondizionato nei confronti della sua autostima. Per qualcuno, semplicemente un azzardo. Nessuno dei tifosi oranje la voleva su quella panchina e la Federcalcio dopo l’addio di Koeman passato al Barcellona si era ritrovata una sorta di patata bollente tra le mani. Diciamocela tutta: lei non sarebbe mai stato il candidato se qualche big fosse stato disponibile, ma tutti i nomi più gettonati erano impegnati e alla fine i dirigenti le fecero quella telefonata quasi per sfinimento. Figuriamoci: aveva fallito all’Inter, era stato silurato dal Crystal Palace (ricorda? Quattro partite, altrettante sconfitte) e non era nemmeno riuscito a ottenere consensi nel campionato americano, dov’era riparato per rilanciarsi alla guida dell’Atlanta United, ma aveva accumulato il quarto esonero consecutivo in pochi anni. Anche l’esordio sulla panchina dei Tulipani era stato tutto tranne che un successo. E così deve aver sentito risuonare nelle orecchie quell’etichetta che le era stata appiccicata dopo le avventure all’Inter e al Crystal Palace: «De Boer è il peggior allenatore del mondo» scrissero in Italia, mentre il suo collega Mourinho rispondeva seccato a una sua provocazione definendola «il peggior tecnico della storia della Premier League».

Le hanno affibbiato anche l’etichetta di grande antipatico, sicuramente perché è un uomo di carattere e, come diceva a suo tempo Enzo Biagi, se uno ha un carattere ce l’ha brutto. Ci vuole pelo sullo stomaco dalle parti di Amsterdam per abiurare il 4-3-3, per «tagliare» le ali ad una squadra, per giocare con cinque difensori. A me sembra che lei sia come quegli chef di cucina delle osterie di una volta, che compongono il menù analizzando la materia prima che hanno a disposizione e si aggrappano all’esperienza per preparare il piatto da servire in tavola. Sanno che avventurarsi con le creazioni della nouvelle cuisine non gli porterebbe nessun consenso. Lei, per dirla tutta, ha celebrato le nozze coi fichi secchi.

Chi oggi la critica per aver abiurato il 4-3-3, dimentica che ha coltivato un rapporto privilegiato, come tra padre e figlio, con un mostro sacro della panchina olandese, Louis Van Gaal, che nel 2014 portò gli Oranje in semifinale nel Mondiale con un 3-5-2 che ricorda molto il suo sistema attuale. LVG una volta, a Monaco, per far capire alla squadra come doveva giocare, prima di una partita si sfilò le mutande e mostrò quello che normalmente si tiene nascosto. Lei non è sceso così in basso. Almeno lo spogliatoio gliene sarà grato.

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