Società

Un’estate anomala, ma più generosa

L’editoriale di Paride Pelli sulla stagione più attesa alla luce degli allentamenti e all’ombra del coronavirus
C’è voglia di vita e di aria aperta. ©CDT/Gabriele Putzu
Paride Pelli
22.06.2020 06:00

Quella appena iniziata non sarà un’estate come tutte le altre, malgrado gli ultimi e quasi definitivi allentamenti delle misure per contenere la pandemia da COVID-19 gliene facciano assumere le sembianze. Certamente se guardiamo alla profonda preoccupazione di tre mesi or sono, all’allarme e all’incredulità per il numero di morti e di contagi che aumentava giorno dopo giorno, oggi possiamo dire che la tempesta è alle nostre spalle, anche se non potrà mai diventare – visto i drammi umani che il coronavirus ha provocato – uno sbiadito ricordo. E possiamo anche affermare che il nostro cantone se l’è cavata egregiamente: «Come il Ticino ha preservato la Svizzera» titolava in apertura la Thurgauer Zeitung di sabato, rivalutando il nostro ruolo e le nostre politiche, qualche volta fraintese da Berna.

Le autorità, dal canto loro, e a ragione, continuano a rammentarci a cadenza regolare che con il nostro comportamento e con il senso di responsabilità verso noi stessi e il prossimo abbiamo la missione (se non il dovere) di scongiurare una seconda ondata epidemica, eventualità di cui si parla sempre più di rado e sempre più in astratto ma che secondo alcuni esperti rimane una sorta di silenziosa minaccia, pronta a colpirci all’improvviso come, d’altronde, è accaduto
lo scorso marzo. È vero che ci faremmo trovare, forse, «un po’ più pronti» sul piano tecnico, ma lo shock psicologico per un forte ritorno dei contagi presumiamo che non sarebbe troppo inferiore al primo. Una parte di noi, insomma, vive ancora nell’attesa di qualcosa che sarà o non sarà, in una terra di mezzo che assomiglia tanto al deserto dei tartari; un’attesa faticosa e forse - è la segreta speranza che coltiviamo tutti – inutile, anche se in realtà, nel romanzo di Dino Buzzati, il nemico arriva proprio nel momento meno atteso, quando la guardia è ormai stata irrimediabilmente abbassata, per sfinimento e per noia.

Senza dubbio, dopo i tanto sospirati allentamenti comunicati venerdì scorso dal Consiglio federale, l’ottimismo è tornato a farla da padrone. Con timidezza, certo, ma è lui adesso al centro della scena. Ed è altresì vero che un’estate trascorsa con la preoccupazione nel cuore sarebbe imperdonabile: andrebbe contro la natura stessa di una stagione che associamo alla spensieratezza, alla leggerezza, ai ricordi d’infanzia. E alle vacanze, ça va sans dire: quelle lunghe, quelle vere, quelle originali. Quelle che ricaricano sul serio e che ci portiamo dentro come un sole per tutta la rentrée settembrina. Un’estate trascorsa con la mascherina appiccicata sul viso e con il disinfettante in saccoccia sarebbe un clamoroso paradosso, perfino un ossimoro. Tuttavia c’è anche chi, l’estate, la considera tutt’altro che rigenerante e ritemprante per mente e corpo. Per qualcuno, infatti, è una stagione crudele e «poco democratica». La tesi? Se sei giovane, ricco e sano, puoi divertirti e forse pure partire per l’estero - con un occhio alle restrizioni e persino alle quarantene predisposte da alcuni Paesi - incurante del listino prezzi e dello strapazzo del viaggio. Se sei anziano, povero o malato, invece, quella appena iniziata è una stagione che non concede tregua, perché impietosa, calda e canicolare, a tratti angosciante, in particolare nel desertico e prolungato ferragosto delle città, un periodo che trasmette un senso di nostalgia che stride con l’atmosfera allegra delle rive lacustri e dei boschi in montagna.

Ma c’è un «però» tutto sommato positivo: quest’anno, con le limitazioni di spostamento, con queste «vacanze non vacanze» promosse persino dalle istituzioni, anche i nostri anziani saranno un po’ meno lasciati a se stessi. La categoria più colpita durante il coronavirus, sia in termini di decessi che di misure restrittive delle abitudini quotidiane, si sentirà meno sola: è infatti prevedibile e auspicabile che gli «over 65» trascorreranno un’estate diversa, con figli e nipoti più vicini a loro perché «costretti» ad abbandonare sogni di gloria e vacanze tropicali per virare, molto più che in passato, su ferie di prossimità.

Dovendo evitare in molti casi aerei e treni (considerati mezzi di trasporto ancora a rischio) le diverse generazioni famigliari hanno la possibilità di ricompattarsi, di riunirsi, di trascorrere più tempo insieme e di riprodurre - con temperature ben diverse, è vero, e sotto il tiro delle zanzare - il tipico quadretto invernale del focolare domestico. La pandemia ha messo in luce la vulnerabilità dei nostri vecchi e l’importanza delle relazioni per ridare vita e significato agli anni di longevità. L’estate alle porte rappresenta un’occasione unica per ricompensare gli anziani di tutti i sacrifici a cui sono stati sottoposti (anche per la salute di tutti noi): sarebbe imperdonabile lasciarsela sfuggire.